Quaranta condanne a morte, decise una dopo l'altra al ritmo di una ogni dieci minuti. Poche ore per condannere le "vedove del jihad" per provare a difendersi di fronte alla giuria a Baghdad, in Iraq, secondo i critici più incline a cercare vendetta per le azioni del sedicente Stato islamico, che non a seguire il codice penale.
Sono solo alcune delle donne che andranno alla sbarra in questi giorni e che difficilmente andranno incontro a un destino diverso da quello di chi ha già avuto la sua sentenza, sotto quella legge anti-terrorismo che rende possibile condannare alla pena capitale per un ampio numero di reati e che secondo le Nazioni Unite distingue a stento tra combattenti, famigliari e semplici spettatori delle violenze commesse dal 2014 in Iraq.
Secondo le leggi speciali in vigore chiunque "commetta, inciti, pianifichi, finanzi o assista ad atti di terrorismo" può essere condannato a morte e le donne dei jihadisti non fanno differenza, che abbiano o meno seguito i mariti volontariamente nel loro viaggio per combattere
sotto le bandiere nere.Secondo fonti citate dal New York Times sono 13mila le persone detenute in Iraq e sospettate di legami con lo Stato islamico dal 2017. A oggi sono arrivati a sentenza 2900 casi, con un tasso di condanne vicino al 98%.
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