Isis, l'annuncio della Russia: "Abbiamo ucciso al Baghdadi"

A fine maggio un raid russo su Raqqa avrebbe colpito un summit dei leader dell'Isis. Tra i morti ci sarebbe pure il Califfo

Abu Bakr Al Baghdadi, in una rara immagine che lo ritrae in moschea a Mosul
Abu Bakr Al Baghdadi, in una rara immagine che lo ritrae in moschea a Mosul

Della sua morte se ne parla ciclicamente. Nei giorni scorsi, però, la notizia era stata lanciata con insistenza. Il terrorista più ricercato al mondo, il leader dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi, sarebbe stato ucciso il 10 giugno a Raqqa durante uno strike aereo delle forze armate siriane. Quando la televisione di Stato siriana ha lanciato la breaking news, nessuna fonte ufficiale si è preoccupata di confermarla. Ma nemmeno di negarla. Adesso, però, il ministero della Difesa russo ha affermato che un raid dell'aviazione militare di Mosca potrebbe aver ucciso il Califfo nero.

Secondo l'agenzia Tass, l'attacco aereo in cui al Baghdadi avrebbe trovato la morte è avvenuto nella periferia meridionale di Raqqa a fine maggio (probabilmente il 28). Nel mirino dell'aviazione di Mosca ci sarebbe stato proprio un summit di leader dello Stato islamico riuniti per discutere delle possibili vie di fuga dalla città. Tra i trenta comandanti e i trecenti comandanti ammazzati ci sarebbe anche il Califfo. "Il ministero della Difesa russo è impegnato nella ricerca di conferme", ha aggiunto l'agenzia Ria spiegando che il Cremlino aveva informato gli Stati Uniti del raid. La Coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti ha detto che "non può confermare" l'uccisione.

L'ultima volta che si è fatto vivo al Baghdadi è stato con un messaggio audio diffuso lo scorso novembre in cui sollecitava i seguaci dello Stato islamico a muovere su Raqqa per affrontare "crociati e miscredenti curdi". Lo scorso febbraio, invece, i media iracheni avevano riferito di una sua fuga a Raqqa, dopo essere stato ferito in un attacco aereo su al Qaim, valico sulla frontiera siriana-irachena. Dalla proclamazione dello Califfato, nell'estate del 2014, Al Baghdadi ha passato la sua vita fuggendo dai caccia russi e americani.

Nato a Samarra, nel 1971, viene catturato a Falluja dagli americani durante la guerra contro Saddam e passa dieci mesi di detenzione nelle carceri Usa. Il suo ingresso nella scena del terrore internazionale avviene all'inizio di luglio del 2014, pochi giorni dopo la conquista di Mosul da parte della bandiere nere. Inizia così una nuova era in Siria e in Iraq: quella del Califfato. Tutto cambia, nelle zone controllate dalle bandiere nere. Viene imposta la sharia, le minoranze religiose vengono perseguitate e i bambini indottrinati. Al Baghdadi diffonde i suoi messaggi: invita i jihadisti a colpire l'Occidente con ogni mezzo, ma russi e siriani continuano a braccarlo. Uccidono il suo braccio destro, Muhammad Adnani. Il Califfo sente il fiato sul collo. Le bombe continuano a piovergli attorno. Forse lo feriscono. Cerca una via di fuga scappando dall'Iraq alla Siria (leggi qui). Forse si dirige a Raqqa, la "capitale" siriana dello Stato. Qui, secondo quanto fa sapere il ministro della Difesa russo, trova la morte. Impossibile saperlo. La sua vita è avvolta nell'ombra.

Come la sua (presunta) morte.

Il ministero della Difesa russo ha pubblicato la foto della zona colpita in Siria prima e dopo i bombardamenti. Nel raid sarebbero morti trecento terroristi, tra cui, forse, anche il capo dell'Isis Abu Bakr Al Baghadi.

Bombardamento russo

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