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L'antica chiesa torna moschea. L'ultima mossa di Erdogan

Il governo turco ha riaperto al culto la moschea di Enez. Antica chiesa bizantina, poi passata ai turchi, Hagia Sophia - nel distretto di Edirne - torna a essere luogo di preghiera per gli islamici. E Erdogan invia un nuovo segnale al suo elettorato e ai suoi vicini

L'antica chiesa torna moschea. L'ultima mossa di Erdogan

Recep Tayyip Erdogan ha passato momenti migliori. La sua Turchia vive una profonda crisi finanziaria in cui il crollo della lira copre come un'ombra tutto il Paese. Il presidente prova a rovesciare la situazione con alcuni gesti eclatanti, ma niente sembra frenare la decadenza della moneta. La sua leadership si deteriora e tanti osservatori iniziano a credere che sia davvero iniziato il declino del "Sultano".

Difficile prevedere quale sarà davvero il futuro della Turchia e del suo leader. Entrambi sono in grado di sorprendere e non hanno mai mancato di farlo anche quando tutto sembrava perduto. Ma quello che appare certo è dove Erdogan voglio consolidare il suo potere e la sua immagine: la religione. L'islam come elemento non solo di fede, ma anche politico, che leghi una comunità, i diversi popoli uniti in un grande sogno neo-ottomano, ma soprattutto che rassicuri e accenda l'elettorato conservatore e della Turchia profonda per blindare l'uomo simbolo dell'Akp, il partito al potere.

Le antiche chiese che tornano moschee

Diverse le azioni messe in campo dal Reis sul fronte religioso. Uno di questi, in particolare, è quello della rivitalizzazione di antiche moschee abbandonate o di rendere nuovamente aperte al culto quelle che un tempo erano chiese, poi moschee e infine musei: eredità del laicismo di Kemal Ataturk. La più emblematica di queste "rivoluzioni" islamiche è stata l'apertura alla preghiera, dopo decenni, della basilica di Santa Sofia. Poi è accaduto lo stesso a San Salvatore in Chora, sempre a Istanbul, convertita in moschea con decreto presidenziale ad agosto del 2020 dopo che dal 1945 era stata adibita a museo. E oggi, c'è un'altra Santa Sofia che torna a essere moschea dopo essere stata abbandonata per decenni: quella di Edirne. Ed è un'ulteriore immagine che fa comprendere appieno il senso profondo di questa svolta conservatrice nel cuore della Turchia repubblicana.

La moschea di Enez

La storia di Hagia Sophia di Enez, nel distretto di Edirne, al confine con la Grecia, inizia nel XII secolo, quando i bizantini controllavano ancora quello che era a tutti gli effetti impero romano. Dopo che Maometto II, il Conquistatore, ebbe preso Costantinopoli, caddero in sequenza anche i territori al di là del Bosforo. Tra questi vi fu anche Enez, a quel tempo controllata dai genovesi, dove la chiesa venne trasformata in moschea.

L'antica chiesa, poi moschea, venne abbandonata nel 1962 a seguito di un terremoto che distrusse parte dell'edificio. La moschea non venne più riparata ed è stata chiusa al culto per decenni, finché il Direttorato per gli Affari religiosi, il Diyanet, una delle strutture più importanti del potere turco, ha deciso nel 2015 di ristrutturarla e di aprirla nuovamente per la preghiera.

Il discorso di Ali Erbaş

Alla cerimonia per la riapertura alla preghiera del Venerdì era presente anche il presidente della Direzione per gli Affari religiosi, Ali Erbaş, il cui discorso può essere estremamente significativo per comprendere la rotta intrapresa in questi anni da Ankara. Erbaş, ribadendo la centralità delle moschee nella religione islamica, ha detto che il Paese ora è "sulla rotta dei nostri antenati. Come nei periodi selgiuchide e ottomano, oggi abbiamo moschee in ogni distretto, villaggio e quartiere della Repubblica di Turchia". "Con le nostre 90.000 moschee - ha continuato il presidente del Diyanet - stiamo facendo uno sforzo significativo per facilitare il culto della nostra gente e contribuire alla sua educazione". Un messaggio inequivocabile, che pone Ankara nel solo del passato e conferma quella svolta religiosa che per Erdogan significa soprattutto rafforzare la sua leadership nel Paese profondo e confermare i legami su base religiosa anche per i vicini e per i Paesi con cui la Turchia entra in contatto. Il sottofondo islamico e neo-ottomano persiste dunque nella propaganda del "Sultano".

E se anche i suoi interessi sono ben più pragmatici e concreti di quanto spieghino i simboli, il segnale politico e culturale è eloquente.

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