Libia, lo Stato islamico cresce: si moltiplica e punta su Bengasi

Dopo l'arrivo a Derna ad ottobre e la conquista di Sirte, l'Isis vuole prendere Bengasi. E la Libia è sempre più nel caos. Sostieni il reportage

Libia, lo Stato islamico cresce: si moltiplica e punta su Bengasi

Misurata - Chi s'illudeva che lo Stato Islamico potesse venir sconfitto dalle milizie libiche può mettersi il cuore in pace. Non succederà. Al contrario lo Stato Islamico è destinato ad espandersi e a controllare porzioni sempre più vaste della nostra ex colonia. La prossima tappa, dopo l'arrivo a Derna ad ottobre e la conquista di Sirte ai primi di febbraio è Bengasi. Per capirlo basta dare un'occhiata al video con cui Abu Abdullah al Libi, capo dell'organizzazione terroristica Ansar Sharia annuncia la decisione di giurare fedeltà al Califfo Abu Bakr Al Baghdadi. Il video, diffuso un paio di giorni fa, è la realizzazione pratica di una dinamica già prevista. Ed assai temuta. Come già successo in Siria e in Iraq ad anche qui Libia lo Stato Islamico cresce e si moltiplica per aggregazione ovvero inglobando le formazioni terroristiche più deboli e sfruttando un caos territoriale dove non trova forze in grado di sbarrargli la strada. La dichiarazione di fedeltà allo Stato Islamico di Abu Abdullah al Libi segna però una tappa fondamentale nel processo di crescita della succursale libica del Califfato.Ansar al Sharia non è, soprattutto a Bengasi, un gruppuscolo marginale. Proprio a Bengasi l'organizzazione ha messo a segno, nel settembre 2012, un attacco terroristico costato la vita all'ambasciatore statunitense Ambassador J. Christopher Stevens e ad altri tre americani.

E sempre a Bengasi Ansar Sharia ha resistito per sei mesi agli assalti dell'armata di Khalifa Haftar, il generale nominato capo di stato maggiore dall'esecutivo di Tobruk, il governo riconosciuto dalla comunità internazionale in lotta con la coalizione islamista al potere a Tripoli. Anche se notevolmente ridimensionata dopo la campagna militare lanciata a Bengasi dal generale Haftar Ansar Sharia resta un organizzazione in grado di mobilitare migliaia di uomini, tra cui numerosi militanti stranieri in gran parte tunisini, e di portare in dote consistenti depositi di armi e munizioni. L'eredità più importante sono però i contatti con alcuni esponenti di punta della galassia islamista nella città culla della rivoluzione. Esponenti che garantiscono ottimi rapporti con l'esecutivo islamista al potere Tripoli. Omar Hasi, il premier, originario di Bengasi, della coalizione di Tripoli dimessosi 24 ore fa non si faceva problemi a definire Ansar Sharia una "bella realtà". Il suo vice Khalifa Ghwell, appena promosso primo ministro, considere i militanti di Ansar Al Sharia dei "sinceri rivoluzionari" e si rifiuta di bollarli come "estremisti".

Grazie ai "sinceri rivoluzionari" di Ansar Sharia transitati sotto le sue bandiere lo Stato Islamico può dunque beneficiare degli stessi legami con il potere che consentivano ai terroristi di muoversi senza problemi nel paese. Garantendo tra l'altro coperture e addestramento ad almeno due terroristi tunisini responsabili dell'attentato al Museo del Bardo di Tunisi costato la vita a quattro nostri connazionali.

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