Mondo

Libia, a Tripoli distrutta la fontana della Gazzella, simbolo del periodo italiano

La "fontana italiana" - realizzata nel lontano 1932, in piena era fascista - è scomparsa. Al suo posto sul basamento della fontana, un deforme torsolo di cemento e metallo

Libia, a Tripoli distrutta la fontana della Gazzella, simbolo del periodo italiano

Era uno dei simboli del periodo italiano. Ma anche un punto di riferimento nella geografia di una città stravolta prima dagli obbrobriosi fasti gheddafiani e poi dall'incuria del dopo rivoluzione e dalla furia della guerra tra bande. La chiamavano semplicemente la Gazzella, ma era qualcosa di più. In quella statua di Gazzella abbracciata da una donna seminuda, circondata dai getti d'acqua d'una fontana gli abitanti di Tripoli leggevano un ultimo ricordo del passato. E il rimpianto di anni non segnati dall'incertezza, dall'inquietudine degli attuali giorni bui. Ora di quei giorni è scomparso anche il ricordo.

La "fontana italiana" - realizzata nel lontano 1932, in piena era fascista, dall'artista livornese Angiolo Vannetti - è scomparsa. Al suo posto sul basamento della fontana, spenta e semivuota, resta un deforme torsolo di cemento e metallo. Un chiaro indizio di come la statua non sia stata semplicemente spostata, ma più probabilmente rubata o distrutta. Ovviamente le autorità islamiste al potere dallo scorso agosto negano tutto. Mehdi Al Harati, il leader delle milizie integraliste proclamatosi "sindaco" della città al termine dei combattimenti di agosto sostiene di aver fatto rimuovere la statua per farla restaurare. Ma pochi a Tripoli sono disposti a dargli credito. Tutti nella capitale libica sanno che quella statua di donna seminuda abbracciata ad una gazzella era l'ossessione dei gruppi radicali.

Già nel 2011, dopo la caduta di Gheddafi, qualcuno aveva cercato di "rivestirla" avvolgendola in veli e stracci destinati a coprire le sue nudità. Alla fine, per evitare lo scontro, era stato deciso di incrementare lo zampillio della fontana in modo da nasconderne le forme dietro gli spruzzi e i giochi d'acqua. Ma quell'esile compromesso era ben lontano dal soddisfare le menti più fanatiche. Le menti di quelli decisi a governare nel nome della sharia, la legge del Corano. Il sindaco Al Harati non è certo estraneo a queste tendenze. Chi lo conosce ricorda la sua militanza nel Gruppo Islamico Combattente Libico, la formazione islamista che oltre a combattere contro il Colonnello aveva giurato fedeltà Al Qaida. Una formazione diventata famosa nella prima metà del duemila per aver spedito decine di militanti a combattere tra le file degli insorti anti americani Iraq. Per questo quando Al Harati spiega di esser stato lui stesso ad ordinarne la rimozione per permettere il restauro dei danni subiti durante battaglie di agosto pochi sembrano disposti a dargli retta. La voce più ricorrente, la versione più accreditata dai cittadini di Tripoli è che quella statua italiana, quella donna seminuda odiata dagli integralisti abbia fatto la fine dei Budda di Bamyan in Afghanistan. Sia stata, insomma, rimossa non per essere riparata, ma per venir definitivamente distrutta. Anche perché le autorità responsabili della protezione dei beni artisti e archeologici della capitale libica raccontano ai giornalisti di non saper nulla né della statua, né di eventuali lavori di restauro. La Gazzella a sentir loro non è mai arrivata nei locali destinati al restauro dei beni artistici. E nessuno tecnico è stato interpellato per garantirne la rimozione. La Gazzella insomma sembra esser scomparsa.

E con lei i sogni di una Libia capace di riscoprire ordine e tolleranza.

Commenti