Martedì in Canada soldato ucciso da un jihadista

«Ammazza un infedele americano, europeo oppure australiano o canadese in qualsiasi maniera» è l'appello che ha lanciato il portavoce del Califfato, Abu Muhammad al-Adnani, un mese fa. Non servivano le generalità del terrorista ucciso, fornite in serata, per capire che la pista più probabile degli attacchi delle ultime ore in Canada era quella dell'attivazione a distanza dei seguaci dello Stato islamico. Ma certo quel cognome, Zehaf-Bibeau, di origine nordafricana, fornisce un elemento in più. Il portavoce dei tagliagole lo aveva invocato: «Civili o militari uccidete i cittadini dei Paesi che fanno parte della coalizione contro lo Stato islamico. Non si devono sentire sicuri neppure nella loro stanza da letto». Il Canada partecipa alla lotta al terrorismo con degli addestratori dei corpi speciali nel nord dell'Iraq e manderà due aerei cisterna. Lo stesso impegno previsto dall'Italia, che inizierà in Kurdistan entro l'anno.

Il risveglio del terrorismo del Califfato in Canada è scattato lunedì, quando un convertito all'Islam ha travolto e ucciso un militare e poi non si è arreso facendosi ammazzare. «Se non riuscite a trovare una bomba o un proiettile... usate la vostra auto e investiteli» era uno dei “consigli” di al Adnani nell'audio di 42 minuti trasmesso via twitter il 21 settembre. Una specie di «attivazione», che rischia di trovare altre bombe umane ad orologeria in giro per il mondo. Non cita solo i canadesi, ma si accanisce anche sui «maligni e ripugnanti francesi», che assieme ad altri Paesi occidentali, come l'Italia, hanno lanciato «la campagna finale della loro crociata». Il portavoce del Califfato insiste sul colpire in maniera indiscriminata «perché è legale versare il sangue degli infedeli che ci muovono guerra». E consiglia di compiere gli attacchi in qualsiasi modo «senza chiedere consigli o attendere verdetti da alcuno».

Almeno 130 canadesi combattono con le formazioni jihadiste sopratutto in Siria ed Iraq. Fonti giornalistiche parlano di 300 volontari. Uno di questi, il ventunenne Abu Usamah Somali, si è fatto pure intervistare. Non sono partiti per la guerra santa solo uomini, ma pure donne innamorate del velo. Due giornalisti che erano stati sequestrati in Siria avevano dei secondini di origine canadese, che mandavano mail alle loro famiglie con le richieste di riscatto. Grazie alle carte di credito degli ostaggi facevano la spesa su E-bay.

Il problema è che un'ottantina di combattenti jihadisti sono tranquillamente tornati a casa, anche se il governo conservatore ha cominciato a sequestrare i passaporti di chi vuole unirsi ai tagliagole: Martin Rouleau, il convertito canadese che lunedì presso Montreal ha ucciso con la sua vettura un soldato e ne ha ferito un secondo, era stato fermato mentre cercava di prendere un volo diretto in Turchia per raggiungere il Califfato.

In agosto, sul principale quotidiano canadese, il capo dei servizi segreti Michel Coulombe, scriveva: «La minaccia più ovvia alla sicurezza nazionale è il ritorno degli estremisti». E chiedendosi se «useranno il loro addestramento terroristico per un atto violento in Canada» rispondeva che «questa è una prospettiva reale».

In Europa i lupi solitari hanno già colpito: nel 2012 con l'assassino suicida Mohammed Merah ed i decapitatori di Londra, che hanno staccato la testa ad un soldato in permesso. Con la guerra al Califfato le rappresaglie ad orologeria sono un rischio concreto. Il Canada ha già inviato 26 dei 69 uomini previsti delle forze speciali nel Kurdistan iracheno per addestrare i peshmerga contro il Califfato. E parteciperà alle operazioni della coalizione a guida Usa con due aerei cisterna.

Mercoledì scorso il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha annunciato una missione italiana praticamente uguale con 280 istruttori che andranno ad Erbil, nel nord dell'Iraq, un velivolo cisterna e due droni Predator. Per Isis anche l'Italia sarà un obiettivo.

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