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Gli ungheresi contro l'Europa: no alla ripartizione dei migranti

Manca una settimana al referendum ungherese sull'accettazione del sistema di ripartizione dei migranti in quote proposto dall'Ue. E nei sondaggi il "no" è saldamente in testa

Gli ungheresi contro l'Europa: no alla ripartizione dei migranti

A tre mesi dal referendum sulla Brexit, si avvicina un’altra data destinata a scuotere l’Unione Europea. Manca una settimana, infatti, al referendum con il quale il premier ungherese, Viktor Orbán, cerca la legittimazione popolare per la sua politica di opposizione al sistema di ripartizione di migranti in quote, messo a punto dalla Commissione europea. Sono circa 1.300 i migranti che Budapest dovrebbe accogliere secondo i piani di Bruxelles. Ma finora il governo ungherese, che nell’estate del 2015 si è trovato in prima linea ad affrontare il flusso di rifugiati sulla rotta balcanica e per primo ha costruito un muro alla frontiera con la Serbia, si è sempre rifiutato di accogliere questa richiesta.

Domenica prossima, quindi, saranno i cittadini ungheresi ad essere interpellati direttamente sulla questione. Gli elettori saranno chiamati a rispondere alla domanda: "Volete che l'Unione Europea possa prescrivere l'insediamento obbligatorio di cittadini non ungheresi anche senza il consenso del Parlamento ungherese?". E, secondo gli ultimi sondaggi, due ungheresi su tre risponderanno "no”. Una percentuale molto alta, frutto della discussa campagna elettorale promossa dal governo. Budapest e tutte le principali città ungheresi sono state ricoperte, infatti, di manifesti con i quali il governo magiaro ha messo in guardia la popolazione dall’arrivo in Europa di milioni di immigrati musulmani e in cui il fenomeno migratorio viene messo in relazione con l’aumento del rischio terrorismo, della diffusione della criminalità e della violenza sulle donne. Un ordigno esploso sabato sera nel centro di Budapest, che ha ferito due poliziotti, ha fatto crescere, inoltre, la preoccupazione dei cittadini sul rischio attentati, che il governo collega direttamente con l’immigrazione. Secondo le autorità, infatti, si sarebbe trattato di un attacco diretto intenzionalmente contro la polizia, per cui è ricercato un uomo di età compresa fra i 20 e i 25 anni. Pochissimi, quindi, secondo le previsioni, saranno quelli che voteranno “sì”, mentre l’opposizione di centro-sinistra, si divide tra chi sostiene il boicottaggio del referendum e chi chiede l’annullamento del voto. Secondo quanto riporta l'agenzia Ansa, inoltre, potrebbe essere a rischio il raggiungimento del quorum. Affinché il referendum sia valido, infatti, è necessario che almeno il 50% degli elettori, pari a 4,1 milioni di aventi diritto, partecipino alle consultazioni.

In attesa di sapere quale sarà il risultato che uscirà dalle urne domenica prossima, il premier magiaro continua a portare avanti le sue proposte per una “gestione alternativa” della crisi dei migranti. Dopo le dichiarazioni rilasciate qualche giorno fa alla testata online magiara Origo, ieri, a margine del mini-summit sull’immigrazione che si è svolto a Vienna, al quale hanno partecipato i leader dei Paesi che si trovano sulla cosiddetta “rotta balcanica”, Orbán ha ribadito la sua idea di “costruire una enorme città per i rifugiati sulla costa libica”, dove esaminare le richieste di asilo dei migranti africani, prima che si imbarchino per l'Europa. Un maxi campo profughi, insomma, che dovrà essere gestito dal nuovo governo libico. Rafforzare la sicurezza delle frontiere esterne dell'Unione Europea e cercare nuovi accordi con i Paesi di partenza dei rifugiati, sono invece le soluzioni condivise, emerse dal vertice di sabato nella capitale austriaca. Ma il risultato del referendum di domenica rischia di dividere ulteriormente l'Europa.

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