Narcos, il figlio di Escobar: "Tutte bugie, ecco la verità"

Ha cambiato nome per proteggersi. Ma ora vuole fare chiarezza sulla serie

Narcos, il figlio di Escobar: "Tutte bugie, ecco la verità"

"Yo soy Pablo Emilio Escobar Gaviria", non ci sono altre parole per presentare, e forse anche per descrivere il successo che sta riscuotendo la serie Narcos, prodotta da Netflix, che ripercorre, solo nelle prime due stagioni, la vita del narcotrafficante Escobar.

Soldi o piombo. Così Escobar piegava o spezzava i suoi avversari. Un metodo differente da quello adottato da un altro Escobar, il figlio Juan Pablo, che prende di mira i produttori e autori di Netflix. Il suo "piombo", ben diverso da quello del padre, è un lunghissimo post sulla sua pagina ufficiale.

"Le bugie di Narcos"

È inutile che vi affrettiate a cercalo sotto il nome che una volta aveva sulla carta d'identità: Juan Pablo Escobar. Ora quell'uomo non esiste più. Escobar è diventato Marroquin, e Juan Pablo è diventato Sebastian. Una scelta obbligata per proteggere quel bimbo, ora adulto e con un libro sulla spalle, Pablo Escobar, mi padre.

Un passato cancellato per motivi di sicurezza, ma che non è stato rimosso dalla memoria. È proprio da quegli anni difficili che Sebastian prende spunto per attaccare Netflix e le "le 28 chimere". Il post è infatti composto da 28 punti, precisi e puntuali.

"A nome del mio paese e in onore alla verità reale dei fatti accaduti tra gli anni 80 e 90 mi vedo nell'obbligo di esporre i gravissimi errori di una serie che si autoproclama come veritiera, quando dista moltissimo dal esserlo, insultando così la storia di un'intera nazione e di tante vittime e le famiglie". Già dalle prime parole si capisce l'intenzione del figlio di Escobar di fare chiarezza sulla vita del padre e sugli errori commessi da Netflix.

Ventotto colpi, scritti al computer, e che colpiscono in modo preciso. Con un interrogativo chiaro, fondato su una riflessione molto semplice: "Mio padre non era tifoso dell'Atletico Nazionale, bensì del Deportivo Indipendente Medellin. Se gli sceneggiatori non sanno neanche il team preferito di Paolo, come avere il coraggio di raccontare il resto di una storia così e venderla come certa?".

Riga dopo riga scorre l'intera stagione di Narcos e l'intera vita di Pablo. Dalla fuga da La Catedral, la prigione costruita da Escobar per auto-incarcerarsi. Nella serie, l'evasione avviene durante un violento scontro in cui perdono la vita molti uomini del narcotrafficante e della polizia. Secondo Marroquin invece "non c'è stato uno scontro così grande, solo un custode della prigione è morto. Quelli che sono rimasti non si scontrarono. Mio Padre non ha avuto contatti o aiuto della legge per scappare. La fuga era progettata dalla costruzione stessa di prigione: mio padre aveva ordinato di lasciare dei mattoni allentati". Ma c'è molto altro nel post di Juan Pablo Escobar.

"Non è vero che i cartelli di Medellin e di Cali negozieranno la divisione tra Miami e New York come piazze di traffico di stupefacenti", cosa che nel film viene data per certa. Un altro punto che viene criticato è la figura di Leon, il corriere che in Narcos fece fortuna viaggiando da Medellin a Miami, dove poi rimase in pianta stabile. Anche questa "è una bugia", tuona Escobar Junior. "Non visse negli Stati Uniti. Ed era un uomo assolutamente fedele e coraggioso al servizio di mio padre. È morto dopo essere stato rapito e torturato dai Castaño a Medellin. È caduto combattendo la guerra in nome di mio padre, ma non lo ha venduto come lo dimostrano".

Probabilmente la domanda iniziale fatta dal figlio di Escobar è lecita, ma bisogna porre molta attenzione anche alla dicitura che anticipa la sigla: "Alcuni nomi, personaggi, fatti ed avvenimenti sono stati cambiati ai fini della

drammatizzazione". Chissà che le parti un giorno si incontrino per collaborare a un nuovo capitolo su Escobar.

(Se siete dei fan il post va letto interamente, è troppo lungo per essere riportato nella sua interezza: potete leggerlo cliccando qui).

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