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Quando il Natale cade a gennaio. Una storia di date e calendari

La nascita di Gesù si celebra il 25 dicembre. Semplice, almeno in teoria. Le Chiese ortodosse complicano un po' le cose

Un gruppo di fedeli copti alla messa della Vigilia alla chiesa della Vergine Maria, al Cairo / 6 gennaio 2014
Un gruppo di fedeli copti alla messa della Vigilia alla chiesa della Vergine Maria, al Cairo / 6 gennaio 2014

Chiedete a un bambino quando si festeggia il Natale. Non ci metterà molto a rispondervi che il giorno è il 25 dicembre, magari con quel po' di stupore che si dipinge in volto quando ci viene rivolta una domanda la cui risposta è persino scontata.

Chiedetegli della Pasqua, e allora sì, magari qualche dubbio gli sorgerà. Perché se il giorno di Natale è sempre lo stesso ogni anno, per la Risurrezione è tutto un altro paio di maniche, per la semplice ragione che il giorno esatto - comunque una domenica e dopo l'equinozio - viene stabilito ricorrendo alle fasi lunari.

C'è poi un dettaglio non trascurabile che contribuisce a complicare ulteriormente le cose. È vero, quasi tutti i cristiani accettano il 25 dicembre come data della Natività, ma come mettere d'accordo tutti sul giorno che chiamiamo 25 dicembre?

La riforma del calendario

Per capire di che cosa stiamo parlando e quale evento abbia creato questa confusione che ha avuto ripercussioni nelle liturgie della cristianità, bisogna fare un salto indietro di parecchi secoli, fino al 1582. È in quest'anno che papa Gregorio XIII porta a termine una riforma che darà al mondo quel calendario che da lui prende il nome, "gregoriano".

La Santa Sede si era definitivamente convinta che il calendario allora in uso presentasse una serie di limitazioni. Il metodo secondo cui il tempo era scandito risaliva a qualche anno prima di Cristo, introdotto da Giulio Cesare. Il suo difetto principale era la durata. "Mangiandosi" circa undici minuti ogni anno, dava vita a quella che potrebbe sembrare una zoppia poco significativa, che portava invece a perdere un giorno ogni 128 anni.

Si arrivò così al 1582. Il solstizio di primavera era in anticipo di dieci giorni e degli errori legati al calendario risentiva anche il calcolo del giorno della Pasqua. Quando Gregorio XIII si decise per l'introduzione di un nuovo calendario, il cambiamento fu repentino. Cinque ottobre, sei, sette e così fino al 14 di quell'anno furono cancellati con un tratto di penna dalla storia. Dal 4 si passò al 15 e la rivoluzione del calendario ebbe inizio.

La sforbiciata al mese di ottobre non fu l'unico accorgimento. La riforma fece che sì che lo scarto tra l'anno solare e il calendario si riducesse a una manciata di secondi, sistemando le cose per i secoli a venire.

L'adozione del nuovo sistema. E chi disse no

La scelta di abbandonare il calendario giuliano non bastò però a convincere tutti ad adottare il suo sostituto. Il fatto stesso che la riforma venisse da un'autorità religiosa fece storcere il naso a quei Paesi che nell'autorità papale non si riconoscevano.

Se in Portogallo, Spagna, negli Stati italiani, ma anche in Baviera e Austria si passò al nuovo calendario in breve tempo, i Paesi protestanti furono decisamente più restii. Anche le chiese ortodosse rifiutarono di adeguare lo scorrere dell'anno liturgico al calendario di Gregorio XIII, rimanendo nel solco della tradizione.

Sette gennaio? Sei gennaio? 19 gennaio?

È questa scelta a riportarci alla questione fondamentale. Quand'è Natale? O meglio, quando viene celebrato?

Guardiamo, per esempio, alla Chiesa copta. Il patriarcato di Alessandria non mette in dubbio la data del 25 dicembre, che fino all'introduzione del calendario gregoriano corrispondeva al 29 del mese di Kiakh. Non ha però mai aggiornato al sistema gregoriano l'anno liturgico. Con risultato che, al Cairo, la messa della Vigilia sarà la notte del prossimo 6 gennaio. E che in meno di un secolo il giorno di Natale si sposterà ulteriormente in là.

Un caso analogo è quello delle Chiese più vicine al patriarcato di Mosca. La Russia passò una prima volta al calendario gregoriano diversi secoli dopo la sua introduzione, in pieno Novecento e solo dopo la Rivoluzione di ottobre. La Chiesa ortodossa continuò tuttavia a seguire il sistema giuliano per le celebrazioni. E lo fa tuttora.

C'è poi chi nella cristianità fa eccezione sia rispetto alle Chiese "occidentali" che a quelle appena descritte. Sono gli armeni apostolici, che il Natale non lo festeggiano il 25 dicembre, né tantomeno il 7 gennaio, ma il 6. Si potrebbe dire che celebrano il Natale con l'Epifania e non si andrebbe tanto lontani dal vero, perché in effetti le due date coincidono.

In questo caso non si tratta di avere o meno accettato un calendario, ma di un uso - quello di ricordare la nascita di Gesù il 6 gennaio - che nelle Chiese orientali era diffuso prima che a Occidente si stabilisse di farlo il 25 dicembre. Gli armeni, infatti, passarono al sistema gregoriano nel Novecento. Con un'eccezione...

È la Chiesa armena apostolica di Gerusalemme, che continua a seguire il calendario di Giulio Cesare e però festeggia il Natale il 6 gennaio (di quel calendario).

Negli anni lo scarto rispetto al sistema gregoriano è salito a 13 giorni e questo, per farla breve, ha fatto sì che la congregazione celebrasse la Natività ancora in un altro giorno: il 19 gennaio.

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