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Le navi del signor Wu Tiancai

È un modellista e artigiano che riproduce con straordinaria fedeltà e rigore tecnico i modelli di antiche navi a vela cinesi. Incontriamo il signor Wu e partiamo con lui per un viaggio a vele spiegate nella tradizione

Le navi del signor Wu Tiancai

Il pensiero è il vento, la conoscenza la vela e l’uomo la nave”: dopo molti anni questa frase si è nuovamente fatta strada tra i miei ricordi non appena, con i miei compagni di viaggio, ho varcato la porta dell’officina del Signor Wu, a Dongshan, dove ora posso ammirare di persona le sue straordinarie creazioni.

Wu Tiancai, modellista e artigiano riproduce in scala e in diverse proporzioni, con straordinaria fedeltà e rigore tecnico, modelli di antiche navi a vela cinesi, ispirandosi ai tipi di imbarcazioni diffusi in questa zona della Cina tra il periodo Ming (1368-1644) e la dinastia Qing (1644-1911).

Con il suo lavoro il Signor Wu è in grado di mantenere viva una tradizione poco conosciuta in occidente e, grazie a conoscenze accumulate nell’arco di diversi decenni, è oggi in grado di dare forma ad artefatti che magistralmente rappresentano gli uomini e la tradizione marinara di una delle aree costiere più culturalmente ricche di questo Paese, la provincia del Fujian. La citazione iniziale, attribuita allo scrittore britannico Augustus Hare (1834-1903), fu per me una specie di motto negli anni in cui, da studente di scuola media, ero appassionato lettore di racconti di navigazione. Fu quello il periodo in cui, letteralmente, divorai uno dei primi romanzi di avventura, “L’isola del tesoro” di Robert Louis Stevenson (1850-1894). Quella storia di marinai e pirati alimentò l’interesse che, fin da bambino, nutrivo nei confronti di mappe, atlanti geografici e terre lontane. Quello stesso interesse mi consentiva di non distrarmi durante le lezioni di storia, in modo particolare quando venivano descritti i viaggi dei grandi navigatori, come Cristoforo Colombo, Ferdinando Magellano e Vasco da Gama. Ricordo chiaramente che, più di una volta, dopo aver fatto ritorno a casa, ripercorrevo quelle rotte con la fantasia, facendo scorrere piano le dita su un piccolo mappamondo che si affacciava solitario da una mensola della mia libreria.

Molto spesso in quelle occasioni il mio sguardo si volgeva verso l’Estremo Oriente, sintomo di un desiderio ancora inconsapevole che diversi anni più tardi mi avrebbe condotto ad intraprendere quello che oggi considero il viaggio più importante della mia vita in Cina, luogo da sempre fonte di grande attrazione. L’immagine di questo Paese che generalmente affiorava dai nostri testi di storia tradizionali era quello di una nazione antica, patria di grandi invenzioni, dal fascino esotico e misterioso, a forte “vocazione continentale” ma senza una grande storia di navigazioni, specialmente se paragonate alle grandi scoperte geografiche condotte da altre nazioni come Portogallo, Spagna e Gran Bretagna ndal XV al XVIII secolo. Solo molti anni piu tradi, dopo essermi iscritto all’Università per frequentare corsi di lingua e storia cinese, appurai come questo Paese avesse, in realtà, sviluppato un’avanzatissima scienza nautica e tecniche cartografiche d’avanguardia nel corso dei secoli e di quanto fosse aderente al vero l’affermazione del celebre sinologo francese, Jacques Gernet (1921-2018), secondo cui “lo sviluppo navale della Cina tra il decimo e l’inizio del quindicesimo secolo è uno dei grandi eventi misconosciuti della storia universale”.

Ricordo di aver reagito con grande meraviglia quando scoprii che soprattutto l’epoca Yuan - che richiamava nel mio immaginario grandi conquiste continentali ad opera di cavalieri invincibili della dinastia mongola – aveva rappresentato un’epoca di straordinario sviluppo della marina cinese, era stata la più potente del mondo dell’epoca ed era basata sulle importanti conoscenze tecniche acquisite durante la precedente dinastia Song (960-1279). Queste particolari condizioni permisero per tutto il secolo successivo grandi spedizioni navali condotte dall’ammiraglio Zheng He (1371-1434) all’inizio del periodo Ming (1368-1644) e crearono il dominio marittimo cinese che ebbe però una durata molto breve: la politica espansionistica marittima venne abbandonata subito dopo la morte dell’ammiraglio.

La visita nell’officina del Signor Wu Tiancai inizia subito con un tuffo indietro nel tempo: parlando delle caratteristiche tecniche dei suoi modelli di navi tradizionali, ci racconta di come i costruttori delle imbarcazioni usate nelle grandi spedizioni marittime condotte dall’ammiraglio Zheng He – quelle stesse che avevano portarono il celebre navigatore prima nel Sud Est Asiatico, e poi, solcando le acque dell’Oceano Indiano fino alle coste della penisola Araba e dell’Africa orientale – avessero tratto ispirazione dai modelli che da sempre venivano realizzati in questa regione della Cina. Mentre ascolto la voce del signor Wu, che continua la sua spiegazione parlandoci dei materiali usati per la costruzione delle sue navi – quercia rossa e quercia bianca giapponese, insieme al legno di canfora – e delle tecniche di inchiodatura per fissare le varie parti dello scafo, i miei occhi girovagano curiosi all’interno dell’officina: in particolare si soffermano sul suo tavolo da lavoro, sul quale sono riposti alcuni tradizionali strumenti di falegnameria e su diverse tipologie di travi di legno appoggiate ad un muro. Poi, la mia attenzione si focalizza su tre foto appese alla parete, sopra il tavolo da lavoro: due di queste riproducono navi tradizionali cinesi mentre la terza, al centro, raffigura un veliero occidentale.

Il signor Wu, continuando a spiegare, ci racconta anche di come l’industria navale della provincia del Fujian abbia avuto una storia piuttosto lunga, e di come invece a Dongshan questa industria si sia sviluppata solo successivamente: già durante i periodi Ming e Qing si erano ampiamente diffusi i aggiornate nel corso degli anni. medesimi modelli di navi da lui riprodotti a tutt’oggi. Si trattava essenzialmente navi da trasporto e pescherecci, in grado di avventurarsi fino a Taiwan, alle coste della provincia del Guangdong e ad Hong Kong: erano navi adatte anche alla navigazione oceanica e le cui tecniche di costruzione vennero costantemente sempre aggiornate nel corso degli anni. Mentre il signor Wu continua a parlare, mi rendo conto di quanto questo viaggio nel Fujian mi stia portando a toccare con mano gli aspetti culturali delle arti tradizionali cinesi, suscitando in me riflessioni sulla questione della conservazione dell’eredità culturale di questi luoghi e della necessità di tramandare queste arti alle giovani generazioni. Negli ultimi due decenni mi sono recato in Cina sei volte e, da circa otto anni, vivo continuativamente in questo Paese. Nel corso della mia esperienza di vita qui, ho spesso percepito la tensione con cui la Cina sta attraversando questo periodo storico così particolare: la sua poderosa spinta verso la modernità è controbilanciata dalla grande necessità di mantenersi ancorata alle proprie radici, con un costante sguardo rivolto al passa- to e al forte desiderio di mantenere viva la tradizione, tramandando la conoscenza della storia e delle arti in continuità con il proprio retaggio culturale.

Una Cina bifronte, insomma, paragonabile all’immagine di Giano (divinità dai due volti della religione romana, latina e italica) rivolto a metà verso il passato e a metà verso il futuro. Giano, il dio bifronte, il cui significato etimologico è stato messo in relazione con il verbo andare da alcune celebri personalità dell’antica Roma come Cicerone e Macrobio, a sottolineare il perenne moto circolare in cui “il mondo va sempre, muovendosi in cerchio e partendo da sé stesso a sé stesso ritorna” . Nell’attuale congiuntura storica e in quella che può essere definita la sua corsa verso la modernità, la Cina di oggi, è come se posse- desse entrambi i volti di Giano: guardando contemporaneamente al futuro e al passato, si trova a fronteggiare tutte le naturali questioni aperte scaturite dal tentativo di raccordare questi due opposti elementi. Lo stesso accade al signor Wu Tiancai, il cui lavoro esprime contestualmente il radicale attaccamento alla tradizione e la necessità dell’arduo compito di tramandare la sua arte. Il signor Wu Tiancai proviene da una famiglia di modellisti e costruttori di navi che per quattro generazioni ha lavorato in questo settore.

La storia lavorativa della sua famiglia potrebbe però interrompersi per sempre: suo figlio, quasi trentenne, ha scelto un’altra strada professionale, un lavoro d’ufficio presso una banca. Forse perché questo tipo di attività oggi non rappresenta una costante fonte di guadagno o semplicemente perché i tempi sono cambiati, il signor Wu sarà costretto a cercare giovani apprendisti al di fuori della sua famiglia. Anche agli occhi di un non cinese come me, la sua arte e la sua tecnica appaiono assai interessanti e meriterebbero di essere più conosciute e pubblicizzate e non solo all’interno della Cina. In Europa, soprattutto nei Paesi con un’antica vocazione marinara, esistono molti musei dedicati alla storia della navigazione (in Italia ne esistono almeno 5 molto importanti) e sicuramente anche all’estero le opere del signor Wu potrebbero suscitare molta attenzione in questo momento di rinnovato interesse da parte dell’Occidente nei confronti della Cina, della sua cultura, della sua storia, delle sue conoscenze tecnologiche.

Al secondo piano dell’abitazione del signor Wu (l’officina è situata al pian terreno), sono esposti alcuni modelli di navi in scala ridotta, di eccezionale fattura, che farebbero la gioia di molti collezionisti e modellisti italiani, abituati ai modelli di navi a vela inventati e sviluppati in Europa. Al termine della nostra visita, chiedo al Signor Wu il motivo della presenza dell’immagine del veliero occidentale affissa alla parete tra quelle di due navi cinesi: forse ha tratto ispirazione anche da questo modello? Dalla sua risposta capisco che l’unica finalità quell’immagine sulla parete è di dare ai visitatori un’idea generale dell’aspetto di una nave a vela europea. E null’altro. Aver incontrato il signor Wu Tiancai sarà un’esperienza difficile da dimenti Aver incontrato il signor Wu Tiancai sarà un’esperienza difficile da dimenticare: è una persona veramente speciale, capace di concentrare tutte le sue energie in un’attività che è molto più di un semplice lavoro. Tale attività lo mantiene in contatto con il suo passato, con le sue radici e con una gloriosa storia di navi fabbricate da uomini, con maestria e sudore della fronte: navi che, fin dall’antichità, dopo aver solcato a lungo le acque giungono nuovamente in porto con il loro carico di merci e l’equipaggio desideroso di fare ritorno a casa. Lascio l’officina di Wu Tiancai, piccolo grande porto di tradizione e conoscenza, con in mente la celebre domanda di Miguel Angel Arcas (1956), poeta e scrittore spagnolo contemporaneo: “Qual è il sogno di una nave? Navigare o arrivare in porto?”.

Si tratta forse di un quesito senza risposta: il viaggio e l’arrivo mettono in moto due sensazioni diverse che, come le due facce di una stessa medaglia - a mio modo di vedere - non possono esistere l’una senza l’altra.

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