La 'ndrangheta in Svizzera come sul set del "Padrino"

Registrata la riunione di una "società" criminale di emigrati calabresi. Che parlano di affari usando un linguaggio che pare preso da un film

Un fotogramma del video diffuso dai carabinieri  di Reggio Calabria
Un fotogramma del video diffuso dai carabinieri di Reggio Calabria

Due tavoli leggermente distanziati e rischiarati dalla luce delle lampade, una lunga panca che corre lungo il muro, una fila di sedie dall'altra parte, qualche bottiglia di birra sui tavoli.

Intorno, una quindicina di uomini. Si direbbe quasi un ritrovo di amici. Quasi. Fino a quando, mentre tutti prendono posto, un uomo con una bottiglia tra le mani esclama: «Buon vespro, società», e in coro gli altri rispondono «Buon vespro». Vespro e non sera, società e non amici. Non è un incontro qualsiasi, è una riunione tra 'ndranghetisti. Le parole utilizzate non sono casuali, identificano formule e espressioni tipiche delle cosche mafiose. Come in un film, anche se non lo è.

Il video è stato diffuso dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, che hanno arrestato 18 persone per presunta affiliazione alla 'ndrangheta: 16 di loro sono stati bloccati in Svizzera, a Frauenfeld, cittadina di 23mila abitanti nel Nord-Est del Paese. Qui, quarant'anni fa, era stata creata un'organizzazione di stampo mafioso, la «società», appunto, con le sue regole, le sue gerarchie, i suoi rituali. Quelli che il video illustra in quantità: ogni parola deve essere dosata, rispondente a un precisa liturgia, osservata e tramandata sempre e ovunque, anche nella sperduta Frauenfeld.

L'uomo che siede al centro di uno dei due tavoli, tenendo vicina la bottiglia, si chiama Antonio Nesci, è il boss della società, altrimenti detta «locale»: è lui che evoca il rituale. Dopo il saluto iniziale, la domanda: «Siete conformi?», «Conformi», la risposta. Cioè adatti, pronti alla «formazione della società», intesa come apertura della riunione.

A questo punto si passa a benedirla, con lo scopo di purificare la società e chi ne fa parte. Nesci la chiama «località»: «Io battezzo questa località come l'hanno battezzata i nostri cavalieri di Spagna, Osso, Mastrosso e Carcagnosso, che dalla Spagna sono partiti, a Napoli sbarcati, in Sicilia si sono fermati, in Calabria hanno formato. Se con ferri e catene l'hanno battezzata loro, con ferri e catene la battezzo io».

La 'ndrangheta ha una storia, persino una propria mitologia da ricordare: la leggenda dei tre personaggi di cui si fa il nome, cioè i fondatori di mafia, 'ndrangheta e camorra. Intorno a quei due tavoli riaffiora un patrimonio di riferimenti comune, un linguaggio per soli iniziati: senza quegli elementi, quella stanza sarebbe una semplice stanza, il ritrovo un banale appuntamento, e soprattutto Nesci non sarebbe il «mastro disponente», ma solo Antonio Nesci, cittadino qualunque di una cittadina qualunque.

E infatti il capoclan è puntiglioso nel far leva su parole simbolo («La società è rispetto, onore, saggezza e dignità») e nel rammentare l'esistenza di un codice inviolabile e intriso di tradizione («Vi ricordo le prescrizioni che uscirono dal 1830, regole sociali che vengono dal Crimine»).

Sembrano dettagli, invece sono ingredienti indispensabili per cementare il senso di appartenenza alla cosca. Così come ricordare la lunga militanza della 'ndrina svizzera: «Sono 37, 38 anni che c'è la società qua, se non vado errato… Mò quanti sono?» «Quarant'anni». Tanto più che alla riunione sono presenti giovani affiliati, e allora Nesci fornisce garanzie sulle prospettive di guadagno: «C'è il lavoro su tutto: estorsioni, coca, eroina… tutto c'è. Dieci chili, 20 chili al giorno, ve li porto io, personalmente».

Il sacro e il profano dell'immaginario 'ndranghetista si mescolano, si sublimano nella frase del boss: «Il

nome nostro è fatto, fatevelo voi, giovanotti», che può sembrare una frase pronunciata da Don Vito Corleone, alias Marlon Brando, ne Il Padrino . E invece, tra quei tavoli di Frauenfeld, non c'era nessun set cinematografico.

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