Guerra in Ucraina

"Quei morti...". Il racconto horror del "becchino" delle fosse comuni

Sergey Matuk per giorni ha sepolto i corpi nella fossa comune a Bucha: "Tracce di maltrattamenti e torture, mani legate dietro la schiena. Tanti sono stati colpiti da proiettili alla testa"

"Quei morti...". Il racconto horror del "becchino" delle fosse comuni

Le terribili immagini che arrivano da Bucha hanno fatto il giro del mondo: impossibile non provare un senso di sconforto di fronte a corpi di bambini privi di vita, a civili al suolo dopo quello che in molti bollano come un vero e proprio crimine di guerra. Non si può restare indifferenti e insensibili davanti alle foto sì cruente, ma che restituiscono la tragica realtà che si è abbattuta sulla città ucraina. E pensare che c'è chi ha dovuto provvedere a compiere un lavoro orribile. Proprio come Sergey Matuk, che per giorni è stato costretto a raccogliere i cadaveri lasciati in strada.

La fossa comune

Corpi che con il passare dei giorni vengono tirati fuori dalla fossa comune. Lì si è consumata una tragedia dai contorni raccapriccianti. Sergey Matuk, in quanto responsabile del cimitero comunale, ha raccontato di aver ricevuto dagli ufficiali russi l'ordine di recuperare i cadaveri per la strada e metterli nella fossa comune. Il totale ammonta a circa 300 persone, di cui quasi 240 sono sepolti nella fossa comune "per il fatto che attorno si combatteva e non potevamo avere accesso ai cimiteri".

La maggioranza era composta da uomini, che sono stati uccisi "da proiettili sparati dai soldati russi da distanza ravvicinata". Il dito è ovviamente puntato contro i russi, accusati di aver impedito alla popolazione di occuparsi delle vittime. E lo avrebbero fatto sparando "a chiunque uscisse di casa". Ma i corpi necessitavano di essere raccolti, anche perché iniziavano a decomporsi e il rischio della diffusione di malattie si faceva sempre più reale.

Maltrattamenti e torture

"Mi hanno detto che dovevo lavorare da solo, ma ho preso due miei aiutanti", ha spiegato Sergey Matuk al Corriere della Sera. Così, con tanto di guanti di gomma e mascherine, hanno iniziato a pattugliare la città. Anche in questo caso il racconto è agghiacciante: le strade erano deserte, complice il fatto che "i russi impedivano non solo di uscire ma anche di aiutare". Dunque vietato soccorrere i feriti, salvare qualcuno sotto le macerie o recuperare i corpi privi di vita.

Niente di tutto ciò. Qualcuno racconta che i russi non avevano alcuna premura e agivano senza fare chissà quali differenze tra bambini e adulti, tra uomini e donne. Sergey Matuk ripete con insistenza che chiunque provasse a varcare la porta della propria casa "diventava ai loro occhi un obbiettivo legittimo". A creare scalpore sono anche le "evidenti tracce di maltrattamenti e torture", oltre che proiettili in testa e "mani legate dietro la schiena".

Le indagini a Bucha

Nelle scorse ore procuratori e squadre forensi hanno iniziato a esaminare ogni singolo corpo trovato senza vita a Bucha. A renderlo noto è stata Iryna Venediktova, procuratore generale di Kiev: al momento sono state già raccolte 100 pagine di dati sugli invasori "che hanno occupato Bucha"; il compito è quello di identificare tutti coloro che sono stati "coinvolti nel massacro".

La pioggia battente aveva impedito che le ricerche e la riesumazione dei corpi potessero continuare: allo stato attuale sono stati recuperati 185 cadaveri.

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