Un visitatore che non si vedeva da molti anni torna a bussare alle porte d'Europa. Ha un nome che a molti fa paura: la pena di morte.
A poco più di dieci anni di distanza dalla Convenzione per l'abolizione della pena capitale in ogni circostanza, firmata a Vilnius nel 2002 da un grande numero di Paesi europei, quello della pena di morte è un tema che torna ad affacciarsi nel dibattito politico del Vecchio Continente.
Si tratta di un ritorno che ha del sensazionale, considerando che pochi anni fa moltissimi Stati, tra cui l'Italia, abolivano la pena capitale anche dai codici militari, vietandola espressamente in qualsiasi circostanza. Oggi a fare da capofila nella battaglia per la reintroduzione c'è l'Ungheria del nazionalista Viktor Orban, euroscettico che mostra di trovarsi ben poco a proprio agio tra le pastoie delle norme e delle leggi dell'Unione.
"In Ungheria parliamo di tutto, anche di questioni difficili, in modo diretto, come di pena di morte. Il 'politically correct' non risolve i problemi - ha dichiarato oggi Orban parlando a Strasburgo- Non ho mai firmato alcun trattato europeo in cui c'era scritta la lista degli argomenti su cui non era possibile parlare. Poi ci saranno regole europee su cui discutere, ma parliamo di tutto". Parole che hanno fatto infuriare le istituzioni comunitarie, con il vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermars che ha avvertito che un'eventuale introduzione della pena capitale da parte di Budapest porterebbe a sanzioni immediate contro l'Ungheria, "in virtù dell'articolo 7 del Trattato dell'Unione che riguarda il rispetto dei diritti umani". Lo Stato magiaro ha abolito la pena capitale nel 1990, al momento del crollo del regime comunista.
Quella di Orban non è però una proposta isolata, nemmeno per quanto riguarda l'Europa Occidentale. In Francia Marine Le Pen ha inserito da tempo la reintroduzione della pena di morte (abolita in Francia oltre trent'anni fa) nel programma politico del Front National. All'indomani della strage di Charlie Hebdo, la Le Pen aveva chiesto un referendum in merito, raccogliendo consensi anche nel nostro Paese, dove il vicepresidente leghista del Senato Roberto Calderoli aveva detto di "fare sue" le parole della leader del Front, affermando che "in guerra ad un bandito bisogna rispondere con un bandito e mezzo". All'epoca, però, la proposta di Calderoli venne discussa all'interno dello stesso partito, con il capogruppo del Carroccio a Palazzo Madama Gianfranco Centinaio che si era dissociato dalla linea dell'onorevole collega.
Più recentemente, ha fatto scalpore la scelta di David Cameron, fresco vincitore delle elezioni politiche in Gran Bretagna, di nominare al ministero della Giustizia l'ex giornalista Michael Gove, che negli anni passati si era a più riprese schierato apertamente a favore della pena capitale (che per i sudditi di Sua Maestà Britannica è stata abolita nel 1998). Da ricordare che uno dei punti forti del programma di Cameron - che pure personalmente non parrebbe favorevole alla reintroduzione della pena capitale - è quello del cosiddetto "British Bill of Rights", che cancellerebbe per i giudicati in Gran Bretagna la possibilità di fare ricorso alla Corte Europea di Strasburgo. Una volta approvato, questo documento toglierebbe un altro ostacolo all'eventuale reintroduzione della pena di morte all'ombra del Big Ben.
Al momento attuale, l'avvenuta abolizione della pena di morte rappresenta una delle condizioni per l'adesione di nuovi membri all'Unione Europea. Nel Vecchio Continente, l'unico Stato che ancora la mantiene e che continua ad applicarla è la Bielorussia, Paese da sempre al centro delle polemiche per il mancato rispetto dei diritti umani.
Eppure a livello politico la questione c'è, con sempre più movimenti politici che quantomeno chiedono la riapertura del dibattito. Molto spesso si tratta di partiti o movimenti di destra, non di rado accusati di populismo e xenofobia: formazioni politiche che sanno farsi interpreti dell'esigenza di maggior sicurezza che proviene da masse popolari rese sempre più inquiete dalla crescente distanza da istituzioni percepite come lontanissime.
Se queste inquietudini si trasformeranno in azioni politiche concrete potrà dirlo solo il tempo. Quello che è certo è che se i cittadini europei vorranno la reintroduzione, non ci sarà regolamento o norma che potrà impedirla.
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