Coronavirus

"Un mix esplosivo". Ecco la nuova fabbrica delle varianti

I malati di Hiv sarebbero, in base agli ultimi studi condotti dagli esperti, "una fabbrica di varianti di Covid per il mondo intero"

"Un mix esplosivo". Ecco la nuova fabbrica delle varianti

L'allarme per le varianti del Covid è stato di recente riattivato in seguito alla scoperta di una paziente sudafricana affetta da "oltre 30 mutazioni" della malattia in questione. Nell'organismo della donna, già malata di Hiv, sono state infatti accertate, da infettivologi e genetisti, decine di varianti tutte diverse del coronavirus e potenzialmente pericolose, spingendo di conseguenza gli scienziati a delineare le possibili drammatiche conseguenze epidemiologiche di un incrocio tra il Covid e l'agente alla base dell'Aids. La contagiata, rimasta positiva per 216 giorni, è stata ricoverata in ospedale per nove giorni a settembre scorso, ma l'infezione da Covid non le avrebbe finora, fortunatamente, mai provocato sintomi gravi.

Nel dettaglio, la donna oggetto dello studio, coordinato da Tulio de Oliveira, genetista dell’Università sudafricana di KwaZulu-Natal a Durban, ha 36 anni ed è affetta, dal 2006, da Hiv incontrollato. Per quasi otto mesi, la paziente ha lottato contro l'infezione da coronavirus, ma, ad oggi, non sarebbe ancora riuscita a liberarsene, forse a causa della sua risposta immunitaria compromessa dall’Hiv. Il Covid infiltratosi nella malcapitata, sottolineano gli esperti, non venendo combattuto in maniera adeguata dal sistema immunitario della 36enne e dai farmaci, avrebbe cominciato a sviluppare "senza freni" mutazioni genetiche. In particolare, il Covid presente nell'organismo della paziente sudafricana avrebbe subito 13 cambiamenti genetici legati alla proteina Spike e ulteriori 19 variazioni in altri settori della propria struttura. Tali mutazioni, avvertono gli scienziati, potrebbero modificare il comportamento del coronavirus, soprattutto relativamente alla sua capacità infettiva e di diffusione.

La vicenda della paziente in questione ha quindi reso palese, agli occhi degli esperti, che le contaminazioni tra il Covid e l'Hiv potrebbero complicare non poco la battaglia contro l'attuale pandemia. Finora, al contrario, i luminari si erano mostrati scarsamente propensi a considerare i contagi da Hiv come un fattore alla base di pericolose e rapide mutazioni del Covid. Il caso della donna sudafricana ha invece evidenziato che I pazienti Hiv non curati in maniera adeguata potrebbero diventare, a detta dello stesso de Oliveira, "una fabbrica di varianti per il mondo intero". Si stima che nel mondo ci siano 8 milioni di persone sieropositive ma inconsapevoli di avere il virus, mentre altri 1,7 milioni di malati di Aids assumerebbero farmaci che non sono efficaci; l’Hiv di circa 10 milioni di persone potrebbe quindi, è il timore degli scienziati, generare nuove imprevedibili varianti. Secondo gli studiosi che hanno esaminato il caso della 36enne, l'inquietante incrocio tra Hiv e Covid potrebbe addirittura tradursi in "una sindemia", parola con cui si intende la concomitanza di due epidemie che hanno il potenziale di peggiorarsi l’una con l’altra.

I possibili terribili legami tra Hiv e Covid, da poco scoperti, hanno di conseguenza indotto la comunità scientifica mondiale a confermare ulteriormente che nessuna nazione può restare indietro nella vaccinazione anti-coronavirus, perché si possono appunto generare e diffondere mutazioni pericolose di Sars-CoV 2 favorite dalla compresenza di altre malattie pre-esistenti.

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