Guarire dalla jihad. É questa la nuova grande sfida di una ragazzina di quattordici anni arrestata dalla polizia spagnola mentre tentava di oltrepassare la frontiera con il Marocco. Destinazione Iraq, Stato Islamico dove comandano i tagliagole dell'Isis. Poco più che una bambina eppure con piani già ben chiari e terribili: voleva diventare una terrorista. Fare anche lei la guerra santa, come quei ragazzi che aveva visto partire e che le raccontavano meraviglie. Li seguiva su internet, ascoltava quelli più grandi lanciare appelli, sentiva i suoi fratelli parlare del mito della jihad. Da lì la scelta di andare. Poi però lo scorso 8 agosto il destino ha voluto invertirle la rotta e salvare questa bambina dal viaggio verso il martirio. La polizia di frontiera l'ha bloccata a Melilla, l'enclave spagnola in Marocco, e arrestata. È da quel giorno che la ragazzina ha iniziato un'altra battaglia, quella per tornare a essere una adolescente con la voglia di vivere. Da un mese è mezzo è iniziato il suo recupero nel centro per minori e i primi risultati si vedono già. «La bambina- assicurano gli operatori- sta cambiando prospettiva e siamo sulla buona strada per il suo reinserimento». La chiamano bambina. E fa ancora più impressione. E quello che l'aspettava laggiù certo non sarebbe stata una vita per bambine. Quando si tratta di donne, le missioni sono cucinare o curare le ferite dei combattenti. Ma non per lei. Quando sono così giovani infatti vengono usate per soddisfare gli appetiti sessuali dei terroristi. Fatte sposare forzatamente in matrimoni d'urgenza con i combattenti. Questo chissà se qualcuno nel raccontarle il fantastico mondo della jihad glielo aveva spiegato. Ieri intanto i jihadisti dello Stato islamico hanno decapitato quattro miliziani curdi, di cui tre donne, fatti prigionieri nei combattimenti vicino alla città siriana di Kobane.
Nelle mani di un team di psicologi, che puntano sull'autostima, la ragazzina vive ancora isolata; le hanno tolto il cellulare e quando naviga su internet è sorvegliata a vista. Ha dovuto abbandonare il niqab, il velo integrale che le copriva il volto e viene costretta a fare sport, cosa che prima la famiglia salafita, le aveva sempre vietato. Ed è proprio sulla famiglia che le autorità spagnole stanno lavorando. Lei, originaria di Ceuta, l'enclave spagnola in Marocco insieme a Melilla, è cresciuta a El Principe, un quartiere difficile, già noto alle autorità spagnole. Da queste zone sono partiti infatti molti dei 61 jihadisti spagnoli. Gli assistenti sociali stanno seguendo anche la madre della ragazza e due delle quattro sorelle per tentare di fare loro un lavaggio del cervello al contrario. Si tratta di smontare una cultura cresciuta e radicata nel fondamentalismo. Niente a che fare con le 40 donne tra cui molte giovanissime che hanno lasciato la Germania per unirsi all'Is senza il permesso della famiglia. La più giovane è una tredicenne. Aumenta di giorno in giorno il numero delle donne che da tutta Europa decidono di partire, e tra loro sono sempre più le ragazzine. Sono ricercate, a casa le famiglie lanciano disperati appelli per convincerle a tornare. Quattordici tra donne e adolescenti sono partite dall'Austria.
L'ultima, è Aqsa Mahmood, una jihadista borghese di origine inglese; 20 anni, figlia di un facoltoso uomo d'affari, studentessa in una prestigiosa scuola privata. Anche lei partita con il sogno romantico ella guerra santa.