Il 28,2% dei bambini nati in Inghilterra e Galles nel 2016 è stato partorito da una madre nata fuori dal Regno. Questa la cifra pubblicata dall’Office for National Statistics, l’ISTAT britannico, che ha osservato inoltre un aumento di un punto percentuale tra il 2015 e il 2016. Un trend che è regolarmente in crescita dal 1990, anno in cui le nascite da madri straniere si aggiravano intorno all’11% e che non sembra destinato a diminuire nel prossimo futuro. A questa percentuale, è stato poi aggiunto il dato sul fatto che le nascite sono tutte di madri tendenzialmente giovani, o comunque nell’età con il maggiore tassi di fertilità, cioè tra i 25 e i 34 anni. I dati mostrati dall’istituto britannico mostrano inoltre un dato interessante sul fatto che non diminuiscono i nati all’interno dell’istituzione matrimoniale, che anzi osserva un leggerissimo calo. Il 47,6% dei bambini nasce al di fuori del matrimonio, il che significa che la famiglia “tradizionale” resiste comunque nel territorio britannico nonostante la denuncia di molte associazioni e movimenti che accusano il sistema britannico di voler destrutturale la famiglia fondata sul matrimonio.
Il dato che lascia il segno è però, ovviamente, quello dei nati da madri straniere. Un dato che è ancora più interessante se si pensa che l’Office for National Statistics non ha considerato le nascite da madri nate nel Regno Unito ma immigrate di seconda generazione, né ha considerato il dato, altrettanto importante, dei nati con padri stranieri. E dunque, se nel 2016 ci sono stati circa 200mila nati da madri straniere, a questo numero va aggiunto quello di bambini nati con padre straniero. Un numero che analizzato soprattutto per le scelte politiche britanniche del recente passato e soprattutto per il futuro prossimo della Gran Bretagna.
Data la percentuale di immigrati arrivati in particolare durante il mandato di Tony Blair, e considerato il numero di coloro che continuano a giungere nel Regno Unito in questa ondata migratoria degli ultimi anni, gli analisti prevedono a medio termine profondi cambiamenti demografici nel paese. Gli osservatori, che devono poi essere gli interpreti di questi dati e trasmetterli al legislatore, sono convinti che il Regno si trovi di fronte a una delle più importanti fasi di transizione demografica della sua storia. In particolare, sarà il prossimo decennio a segnare il vero e proprio cambiamento demografico, perché, fisiologicamente, ci si attende che diminuisca la popolazione più anziana della Gran Bretagna, che è tendenzialmente locale e nata da genitori nati nel Regno Unito, e che aumenti, in percentuale la popolazione anta da genitori non britannici.
Questi trend devono essere evidentemente la base su cui fondare le politiche d’integrazione ma anche economiche della Gran Bretagna del futuro. Paradossalmente, nei prossimi venti o trent’anni, il Regno Unito avrà una popolazione giovane che sarà etnicamente e culturalmente diversa da quella dei decenni precedenti. E questo non è un dato da sottovalutare, sia nelle relazioni con l’estero, sia nelle scelte di politiche di integrazione e culturali del Paese. I rapporti saranno potenzialmente invertiti, e si avrà una Gran Bretagna socialmente distinta rispetto a quella delle precedenti generazioni.
Ma soprattutto dovrà essere considerato il dato che vedrà un aumento del tasso di fertilità del Paese, con conseguenti richieste di sussidi, case e posti di lavoro, che una popolazione anziana tendenzialmente non richiede. L’inversione sia etnica sia demografica dovrà essere pertanto analizzata e organizzata, se non si vorrà giungere a un momento di disequilibrio in cui le vecchie politiche saranno surclassate dalla realtà dei fatti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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