Ci sarebbe voluto Osvaldo Soriano a raccontare la storia del “Pagi”. Forse, solo la sua di penna che riusciva a coniugare calcio e umanità, ironia e disperazione, memorie storiche e metafore della vita, avrebbe potuto rendere il giusto omaggio alla prima squadra italiana composta solo da profughi.
C'era nello scrittore argentino la forza di un'ala e l'eleganza di un centravanti nel raccontare la grandezza umana che solca il rettangolo verde e al contempo, nell'inchiostro dell'autore trapelava anche il peccato d'uso di una rabbia indomita connaturata in ogni terzino, ogni volta che doveva parlare delle ingiustizie di un mondo che oggi come allora aveva i suoi mali da cui curarsi.
Si può solo immaginare quindi un capitolo di “Futbol” o di “Ribelli, sognatori e fuggitivi”, dedicato alla formazione di Sassari composta da 30 ragazzi arrivati nell'isola dei Quattro Mori, dopo aver attraversato il Mediterraneo a bordo di carrette del mare, e che inizierà il campionato di seconda categoria il 4 ottobre .
C'è Jeffrey Omonigho, tra i pali. Le spalle grosse di chi ha sopportato una fuga dalla Nigeria e le rughe sul volto di chi ha la storia scritta in viso che nulla hanno da spartire con i volti da modelli cherubini della Serie A. C'è Mariano scappato dal Mali, da una guerra, da uno zio che l'ha costretto a badare al gregge e che ora vanta la prima marcatura della squadra. C'è Collins che ha una figlia nata nella città sarda e anche i piedi buoni che possono servire a dimenticare quanto prima, scafisti e mercanti di uomini, granate e machete. E c'è Alagi, pure lui ha lasciato la terra travolta dalla guerra di Boko Haram e ora è l'uomo spogliatoio, quello che si occupa dell'umore dei compagni, dello stato motivazionale, ma è soprattutto con i dolori di un passato indelebile che deve fare i conti cercando di confinarli il più lontano possibile dall'aorta e dal ricordo.
Per farli scendere in campo è intervenuta anche la Figc che ha fatto una concessione speciale dribblando la regola che limita il numero di extracomunitari a solo due giocatori. A spiegare come è nata la squadra calcistica è stata Fabiana Denurra, della cooperativa che gestisce il centro d'accoglienza, chiarendo che siccome i ragazzi in attesa della richiesta d'asilo non possono lavorare, l'alternativa dello sport è un ottimo strumento per passare il tempo e contribuire all'integrazione.
Scarpini ben allacciati, una maglia celeste sulle spalle e l'attesa del fischio
d'inizio del campionato. Poi, che la palla finisca in rete o fuori, poco importa, per i giocatori del Pagi, la più importante vittoria è già arrivata, quella di aver visto che non sempre l'avvenire è triste, solitario y final.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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