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Scintille Stati Uniti-Cina: Washington vuole un consolato in Tibet

Alcuni parlamentari americani hanno presentato una proposta di legge per proibire alla Cina di aprire nuovi consolati negli Stati Uniti finché Pechino non concederà agli Usa di aprirne uno in Tibet

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Dopo lo Xinjiang e la guerra dei dazi, gli Stati Uniti hanno pescato dal mazzo una nuova carta con la quale mettere pressione sulla Cina: il Tibet.

Secondo quanto riportato dal South China Morning Post, un gruppo di parlamentari statunitnesi bipartisan, quindi sia repubblicani che democratici, ha presentato alla Camera dei Rappresentanti una proposta di legge congiunta che mira a vietare categoricamente l'apertura di ogni nuova sede consolare cinese in territorio americano fino a quanto Pechino non avrà dato il via libera per l'apertura di un consolato Usa a Lhasa, capitale del Tibet. La norma prevede anche sanzioni a quei dirigenti cinesi che cerchino in qualsiasi modo di interferire con il processo di successione del Dalai Lama.

La proposta di legge arriva dal democratico James McGovern ma la sua idea ha trovato la sponda di altri politici, fra cui il senatore repubblicano Marco Rubio. Il dem ha spiegato che il provvedimento mira a “rimarcare il sostegno americano al popolo tibetano nella lotta in favore dei diritti umani, dell'autonomia politica e in nome della libertà religiosa”.

Pechino: “Legge Usa grave ingerenza in affari interni cinesi

Gli Stati Uniti tornano a occuparsi di temi delicatissimi per la Cina, che dal canto suo ha più volte avvertito Washington di non intromettersi in questioni interne e che in Tibet la libertà religiosa è consentita.

In ogni caso, l'arma del Tibet era già stata impugnata dalla Casa Bianca lo scorso dicembre, quando il governo americano aveva dato il via libera a una legge che impediva l'ingresso negli Stati Uniti ai funzionari cinesi coinvolti nella formulazione di politiche contro l'ingresso di stranieri nella regione autonoma.

La reazione della Cina non si è certo fatta attendere. Pechino considera la proposta di legge americana l'ennesima, grave, ingerenza straniera negli affari interni del paese.

Il portavoce del ministro degli Esteri, Geng Shuan, ha parlato di “violazione delle principali regole delle relazioni internazionali”.

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