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Lo scrittore Hattar ucciso per una vignetta "che offende l'islam"

Andava in tribunale ad Amman per una udienza: gli hanno sparato alla testa

Lo scrittore Hattar ucciso per una vignetta "che offende l'islam"

Le sue intenzioni erano delle migliori. Aiutare a smascherare l'inganno del sedicente Stato islamico, con una vignetta che ne mostrasse il perverso credo e la distanza dalla ummah islamica. Ma per un disegno su Facebook, lo scrittore giordano Nahed Hattar ha perso la vita, ucciso di fronte al tribunale di Amman.

Tre colpi alla testa. Così è morto Hattar, che si era recato in tribunale per un'udienza a suo carico, accusato come era di avere "offeso l'islam" per la pubblicazione di quel disegno che era stato malaccolto. A impugnare l'arma che l'ha ucciso un uomo su cui al momento si sa poco, che secondo i media locali è stato fermato dalle forze di sicurezza.

Era stato il primo ministro della Giordania, Hani Mulki, a ordinare che si avviasse un'indagine sulla vignetta condivisa da Hattar, ritenuta offensiva per il suo contenuto. Nel disegno Allah, rappresentato come un uomo dalla barba candida, ridotto al ruolo di un servo da un uomo di fattezze arabe, un jihadista, a letto con due donne e che chiede a Dio di portargli del vino.

Una satira acuta del pensiero perverso dello Stato islamico, che ai suoi combattenti promette vergini in paradiso in cambio del martirio per la causa del jihad. Che tuttavia è stato letto come un'offesa da molti, perché l'islam non consente la rappresentazione di Dio. E che era poi stata cancellata da Hattar, dopo le molte polemiche sorte dalla pubblicazione su facebook.

La vignetta pubblicata su Facebook da Nahed Hattar

"È un insulto e non è considerato libertà d'espressione - aveva commentato allora al Jordan Times Khaled Qudah, un esperto di comunicazione -. Potrebbe essere detenuto immediatamente per avere violato la legge".

Hattar si era poi consegnato alla polizia, ma il suo processo non è mai giunto al termine.

Qualcuno ha esploso tre colpi destinati alla sua testa di fronte al tribunale dove stava per entrare, giudicandolo colpevole, prima che la legge potesse esprimersi.

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