Mondo

Se il cementificio francese finanzia l'Isis

Il cementificio Lafarge sotto inchiesta per aver finanziato l'Isis. L'azienda si difende utilizzando un presunto coinvolgimento del ministero degli Esteri

Se il cementificio francese finanzia l'Isis

Il cementificio francese Lafarge sarebbe indagato dalla magistratura per aver versato denaro all'Isis. Era l'estate del 2016, quando Le Monde pubblicò un articolo secondo cui questa grande azienda francese aveva pagato lo stato islamico per continuare ad operare economicamente in Siria. Lo stabilimento interessato dai traffici di denaro sarebbe quello di Jalabiya, nel Nord della Siria e il periodo in cui questi versamenti sarebbero avvenuti pare essere compreso tra il 2013 e il 2014. Una fabbrica quella di Jalabiya, per cui il gruppo Lafarge avrebbe versato tra i 100 e i 200 mila euro al mese allo stato islamico. Le rivelazioni del quotidiano francese e poi l'indagini hanno già avuto effetto sul gruppo: due direttori generali di Lafarge si sono dimessi. L'azienda del cemento, adesso, è sotto inchiesta per "finanziamento di un'organizzazione terroristica". Differentemente da altri gruppi imprenditoriali francesi che, a causa della guerra in Siria, abbandonarono lo stato del vicino oriente, il cementificio riuscì, infatti, a portare avanti le sue operazioni economiche. Sul come, insomma, si interrogano gli inquirenti e l'opinione pubblica d'oltralpe.

Da quanto si legge qui, la situazione ebbe inizio quando alcuni dipendenti vennero sequestrati dagli jihadisti dello stato islamico. Il cementificio li riscattò con 200.000 mila euro e da quel momento gli "oboli" non avrebbero mai smesso di essere versati. Versamenti che nei bilanci dell'azienda sarebbero passati per "spese di rappresentanza". Ma è un'altra la questione relativa a questa storia che sta scuotendo il dibattito in Francia. Quello su cui ci si interroga è il ruolo del ministero degli Esteri francese in questa faccenda. L'amministratore delegato di Lafarge si sta difendendo, si legge qui, col sostenere che fosse proprio il ministero degli Esteri a spingere affinchè il cementificio restasse in Siria. Sarebbe arrivato, insomma, l'ok per la continuazione degli affari.

Una storia che è destinata a continuare a far parlare di sè.

Commenti