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Siria, il Cremlino non conferma la notizia dell'accordo tra Russia e Turchia per il cessate il fuoco

La tregua tra esercito siriano e gruppi di opposizione dovrebbe entrare in vigore a mezzanotte in tutta la Siria

Siria, il Cremlino non conferma la notizia dell'accordo tra Russia e Turchia per il cessate il fuoco

Il Cremlino non ha ancora confermato la notizia diffusa stamane dalla stampa turca su un accordo per un cessate il fuoco tra esercito siriano e opposizione armata che sarebbe dovuto entrare in vigore a partire dalla mezzanotte di oggi in tutta la Siria. "Non possono rispondere a questa domanda in questo momento, perché non abbiamo abbastanza informazioni". Ha risposto così, infatti, ai giornalisti che gli chiedevano conferma della notizia diffusa nella mattinata di mercoledì dall’agenzia di stampa turca Anadolu, il portavoce del Cremlino, Dmitrj Peskov. "Siamo costantemente in contatto con i nostri colleghi turchi per discutere i vari dettagli sui possibili colloqui che sono previsti ad Astana, per cercare una soluzione politica per la Siria", ha detto, quindi, Peskov.

Di “misure concrete” da adottare in vista dei prossimi colloqui di pace, promossi da Russia, Turchia e Iran nella capitale del Kazakhstan, e della “necessità di stabilire una tregua in Siria” avevano discusso nei giorni scorsi, in due conversazioni telefoniche, il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, e quello turco, Mevlut Cavusoglu. Dagli intensi contatti diplomatici delle scorse settimane, secondo quanto riferito nella mattinata di mercoledì dall’agenzia di stampa turca, sarebbe quindi scaturito l’accordo russo-turco per la tregua. L’obiettivo dell’intesa sarebbe stato quello di estendere l'accordo sul cessate il fuoco in vigore ad Aleppo Est da circa due settimane, a tutte le zone interessate dai combattimenti tra esercito governativo e ribelli, fatta eccezione per le organizzazioni terroristiche, come l’Isis e i qaedisti di Jabhat Fateh al Sham. Con tutta probabilità quindi, i combattimenti continueranno nelle zone che ospitano la presenza dei gruppi jihadisti, come la provincia di Idlib e le zone occupate dallo Stato Islamico. Dal successo della tregua negoziata dalla diplomazia russa e turca, dipenderà l’avvio dei colloqui di pace ad Astana.

Ieri il presidente kazako, Nursultan Nazarbayev, aveva confermato la disponibilità del Paese centrasiatico ad ospitare i negoziati di pace per la Siria, ai quali parteciperanno i rappresentanti dell’esecutivo di Bashar al Assad e tutte le forze di opposizione, con l’esclusione dei gruppi jihadisti. Resta l’incognita rappresentata dai curdi siriani del partito dell'Unione democratica (Pyd) e dalle milizie curde siriane delle Unità di protezione del popolo (Ypg), che combattono contro l’Isis nel nord del Paese. Sebbene Mosca, in questi mesi, abbia più volte posto l’accento sulla necessità di includere i curdi siriani nei negoziati, è probabile che Ankara si opponga alla presenza di una rappresentanza curda al tavolo delle trattative. La Turchia considera, infatti, le Ypg curde come un gruppo terroristico alla stregua dell’Isis. I colloqui di Astana potrebbero prendere il via alla fine di gennaio, ma la data resta ancora da definire. "Ci vorrà tempo per organizzarli", ha dichiarato, infatti, Lavrov, citato dall’agenzia di stampa russa Interfax.

Dalla nuova iniziativa diplomatica per trovare una soluzione al conflitto siriano, che va avanti da oltre cinque anni, resterebbero esclusi, dunque, gli Stati Uniti. Ieri, il ministro degli Esteri di Mosca ha discusso con il segretario di Stato Usa, John Kerry, di un piano di pace per la Siria. Ma, in attesa dell’insediamento alla Casa Bianca del nuovo presidente americano Donald Trump, sembra che Mosca preferisca lavorare con il nuovo formato russo-turco-iraniano, e che Washington prediliga concentrarsi sulla risoluzione del conflitto israelo-palestinese, piuttosto che sulla crisi siriana. Non sono mancate, anzi, in questi giorni, nuove polemiche fra Russia e Stati Uniti sulla presunta fornitura da parte di Washington di lanciamissili mobili, Manpad, ai ribelli siriani. Fatto smentito dallo stesso Kerry in una telefonata – la settantesima del 2016 - con il ministro degli Esteri russo. “Saremmo molto preoccupati se questo tipo di armi arrivasse in Siria", ha dichiarato il portavoce del dipartimento di Stato Mark Toner, assicurando che gli Stati Uniti non riforniscono “nessun tipo di Manpad all'opposizione siriana”. Da Washington, infine, secondo fonti militari legate all’opposizione siriana, sarebbero pronti a supportare una nuova formazione militare ribelle, composta da piccoli gruppi armati che facevano parte del disciolto Esercito della nuova Siria.

Il nuovo gruppo di ribelli, sostenuto dagli Stati Uniti, secondo i media legati all’opposizione siriana, sarà operativo nella zona di Palmira e di Homs.

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