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Il "supermarket" dei bimbi a Kiev: nell'hotel in attesa di essere ritirati

Decine di bimbi nati da maternità surrogata restano ammassati in un hotel di Kiev: i committenti non possono "ritirarli" a causa del lockdown. La clinica Biotexcom fa pressione sulle ambasciate. Le femministe: "Immagini aberranti"

Il "supermarket" dei bimbi a Kiev: nell'hotel in attesa di essere ritirati

Le immagini che arrivano da Kiev sono sconcertanti: decine di neonati sono stati sistemati uno accanto all’altro nella hall dell’Hotel Venezia, nella capitale ucraina. Hanno poche settimane di vita, ma a prendersi cura di loro invece delle mamme c’è uno stuolo di baby sitter. Sono i bambini venduti dalla Biotexcom, clinica specializzata nella maternità surrogata.

Si spendono dai 35 ai 65mila euro per acquistare il bebè portato in grembo da una delle donatrici che collaborano con l’agenzia e la "merce" viene ritirata dopo nove mesi. Ma con l’emergenza sanitaria che ha blindato le frontiere di tutto il mondo, i 46 neonati sono rimasti lì. Fermi in "magazzino", come fossero oggetti.

I clienti del centro non possono andare a "ritirarli". E così l’hotel di Kiev si è trasformato in una nursery improvvisata. È il cortocircuito di una pratica, quella della maternità surrogata, ormai vietata in quasi tutto il mondo, proprio perché lesiva dei diritti e della dignità di mamme e bambini. I 46 dell’hotel Venezia potrebbero essere solo una piccola parte dei "bimbi su commissione", che ora si ritrovano senza una mamma, né una famiglia. Forse neppure una cittadinanza. Secondo alcuni media stranieri, infatti, "una parte dei committenti intenderebbe persino rinunciare al 'ritiro' in quanto i bambini avrebbero già qualche settimana" e "non sarebbero più prodotti nuovi di zecca".

Per il Corriere della Sera ci sarebbero almeno 500 neonati nelle stesse condizioni, soltanto in Ucraina. Senza contare quelli nati negli altri Paesi, 18 nel mondo, in cui la maternità surrogata è considerata legale. Tra le coppie che aspettano di ritirare i loro "figli" ce ne sono anche quattro italiane. La clinica ha invitato i committenti a fare pressione sulle rispettive ambasciate per ottenere un lasciapassare che consenta loro di partire e prendersi i bambini.

Angela e Francesco, una coppia di 50enni intervistata da Repubblica, testimoniano come da settimane stiano aspettando il via libera per andare da Stella, che hanno acquistato per circa 40mila euro. Staccarsi da un bambino appena nato? "Immagino quanto sia doloroso", ha detto la signora che si è rivolta alla Biotexcom. Nonostante questo, ad adottare non ci hanno neppure pensato. "Mio marito voleva un figlio con il suo Dna", spiega la donna allo stesso quotidiano.

Ma le immagini che arrivano da Kiev fanno discutere. Il "magazzino" con i bebè messi in fila indigna il mondo femminista italiano che chiedono al governo ucraino di affidare i piccoli alle madri o di darli in adozione. "Apolidi, senza nome, privi di qualsivoglia tutela, in stato di abbandono, quelle bambine e quei bambini non possono essere più a lungo detenuti nelle mani di speculatori privati che non hanno alcun titolo, in violazione dei diritti umani più elementari", si legge in una lettera indirizzata all’ambasciatore italiano a Kiev, Davide La Cecilia, e ai ministri Di Maio, Lamorgese e Bonafede, firmata dalla Rete italiana contro l’utero in affitto, un network di associazioni femministe che si battono contro la maternità surrogata.

"Apprendiamo che il numero di quei bambini sarebbe ulteriormente cresciuto (oltre i 50) in seguito a nuove nascite – prosegue la lettera – e chiediamo al governo italiano che si attivi in ogni modo per favorire un’immediata soluzione di questa tragica emergenza che fa inorridire il mondo intero". "La vergogna della vicenda ucraina – denunciano le attiviste - mette in luce tutta la disumanità e l’inaccettabilità della pratica dell’utero in affitto, eufemisticamente detta gestazione per altri".

L’appello ai ministri è che il reato della maternità surrogata sia perseguibile "anche se commesso all’estero", alla stregua di tutti gli altri abusi contro i minori e che al ritorno in Italia questi bimbi risultino figli del proprio genitore biologico e non della coppia che li ha "acquistati".

A denunciare l'assurdità della vicenda è stato anche il garante per l'Infanzia dell'Ucraina, Mikola Kuleba. "Il caso dei bambini in hotel mostra ancora una volta la mancanza di diritti dei bambini nati da madri surrogate", ha scritto giovedì scorso in un post pubblicato sulla sua pagina Facebook.

Quei bimbi, ha ricordato, "hanno madri biologiche in Ucraina, ma ora vengono lasciati senza i genitori genetici e quelli biologici proprio a causa del processo di surrogacy".

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