Guerra in Ucraina

"Vi spiego perché Putin non vuole la verità"

Sergio Talamo, dirigente di Formez e tra i fondatori di PAsocial evidenzia come l'errore commesso dall'Occidente è non aver comunicato per anni con la Russia, lasciando campo libero a Putin e alla sua narrazione monolotica

Talamo: "Putin non vuole la verità, agevola gli hacker" Esclusiva

"Vladimir Putin agevola gli hacker e la cancellazione degli scambi in rete. Errore dell’Europa è non aver comunicato per anni con la Russia". Sergio Talamo, dirigente di Formez, giornalista, docente in varie università e autore del Nuovo Manuale della Comunicazione Pubblica con prefazioni di Gianni Letta e Mario Morcellini, scaglia dardi verso Mosca, ma non risparmia neanche l'Occidente, accusato di non aver occupato negli ultimi trent'anni gli spazi comunicativi a Est lasciando, in questo modo, campo libero allo Zar e alla sua narrazione monolitica.

Sono più pericolosi gli attacchi hacker o la propaganda di Putin?

“La vera alterazione dell’informazione è il blocco che in Russia avviene sulle notizie influenti. In tal caso il nemico non è chi attacca la rete, ma chi la spegne, facendo passare un’aggressione unilaterale come difesa della patria. I pirati del web prima o poi vengono smascherati. L’effetto del loro messaggio è momentaneo. Più difficile contrastare una propaganda di regime che chi censura la rete”.

Esiste un rapporto tra gli attacchi hacker e il governo russo?

“Non vi sono prove certe. Un esecutivo che non vuole la verità, però, agevola gli hacker”.

Come influiscono i social sul conflitto in Ucraina?

“Veniamo dalla bullett theory, la teoria del proiettile, per cui ogni ricevente è un bersaglio passivo. I social cambiano il campo. Il ricevente grazie ai social può reagire in tempo reale e sconfessare informazioni false. Qualsiasi operazione di alterazione della verità è possibile contrastarla o sbeffeggiarla. Non a caso Putin per recuperare il suo consenso ha avuto bisogno della parata fisica del 9 maggio”.

Sui social, però, non mancano fake news e deep fake...

“Sono importanti fino a un certo punto. I riceventi di oggi sono sempre più preparati sull'argomento. Intuiscono prima le fake news, riescono a coglierne i particolari. Se oggi sappiamo tutto su Bucha, ai tempi del nazismo la maggior parte degli europei non sapevano dei lager. Li hanno scoperti solo quando è finita la guerra. Oggi si sa tutto in tempo reale e chiunque è messo di fronte alle proprie responsabilità”.

Zelensky si è dimostrato preparato in questo campo?

“L’appoggio che ha avuto dai Paesi occidentali in questi anni lo ha reso abbastanza pronto a questo tipo di battaglia. Non basta, però, la strategia social per vincere un conflitto. L'arma in più di Zelensky è il suo coraggio, non la sua politica social”.

Come hanno influito le sanzioni sull'opinione pubblica russa?

“Se si fa sentire loro l’identità patriottica contro un altro mondo, presentato come nemico, si compattano. Il vero errore dell’Occidente è stato, per tre decenni, non sfruttare la comunicazione per creare rapporti di amicizia con i russi, lasciando spazio a un dittatore e alla sua propaganda. Uno spazio vuoto in politica viene sempre occupato”.

Quale strategia ha, invece, adottato la Cina a livello comunicativo?

“La loro comunicazione è prudente e moderata. Si tratta di un Paese che ha bisogno di essere forte e ricco in un mondo di scambi forti e ricchi. Non può restare sola”.

La comunicazione dell'Italia è altrettanto prudente e moderata?

“L’errore è nel bersagliare le voci dissonanti. Hanno diritto di esistere, soprattutto quando sono argomentate. Alimentano la democrazia. Il pensiero unico è sbagliato. Ci sentiamo in guerra senza esserlo e così provochiamo un clima bellico anche nel dibattito”.

Una causa è sicuramente la mancanza di formazione. Nel Pnrr sono state previste risorse sufficienti a riguardo?

“Nel Pnrr, o meglio nei provvedimenti a esso collegati, si parla di comunicazione digitale. È un pezzo del programma di riforme che sono alla base del Recovery. Tra le più importanti quella della pubblica amministrazione. All’interno di questa, vi sono il miglioramento dei linguaggi e l’uso sistematico del digitale. Il ministro Renato Brunetta, che considera la riforma della Pubblica amministrazione il cuore del successo di tutto il Pnrr, sta spaziando fra reclutamento, semplificazioni e formazione: un ottimo lavoro. Il passaggio successivo deve riguardare i comunicatori e i giornalisti digitali che vanno riconosciuti e valorizzati. La legge che regola il settore è ferma al duemila. Fra questi professionisti vi sono coloro che difendono la Pa dagli attacchi digitali. Anche su questi argomenti è centrato il Nuovo Manuale di Comunicazione pubblica scritto con Roberto Zarriello e altri 35 colleghi".

Il nostro Paese ha capitale umano per combattere una guerra digitale?

“Non parlerei di guerra, ma di pace. Il ruolo dei comunicatori è fondamentale per la coesione, la fiducia, la via diplomatica.

Anche durante il Covid gli eroi non sono stati solo i medici, ma anche chi non ha fatto prevalere le fake news e ha invece rafforzato la credibilità delle istituzioni, indicando le strade più sicure per combattere il virus”.

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