La tragedia di Cerciello Rega: ecco cosa può fare l'antiterrorismo

Il coltello che ha ucciso il carabiniere ha raggiunto legalmente l'Italia. Una procedura che potrebbero sfruttare i terroristi

La tragedia di Cerciello Rega: ecco cosa può fare l'antiterrorismo

La morte del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega dovrebbe essere sfruttata dall'Antiterrorismo. Il terrorista non cerca ad ogni costo la procedura più sicura, ma quella più insospettabile. Le organizzazioni terroristiche hanno dimostrato di essere profondamente adattabili alle contromisure messe in atto dall’Occidente. Basti pensare all’evoluzione degli attentati negli ultimi tre decenni. L’antiterrorismo deve dare priorità all’immaginazione, intesa come lo studio evolutivo delle minacce.

Imagination gap: studiare la tragedia di Cerciello Rega

Quello che segue è uno scenario inventato. Improbabile, ma verosimile. Non dobbiamo mai perdere la capacità di immaginare scenari apparentemente inimmaginabili. Come sempre, meglio immaginare e sbagliare, ipotizzando possibili scenari non configurati che essere privi di fantasia. Dobbiamo immaginare nel tentativo di prevedere ed anticipare. Anche la possibilità, ritenuta assolutamente remota, deve essere prevista.

Attaccare un aeroporto occidentale

Nel 99% dei casi, se un terrorista decidesse di attaccare un aeroporto occidentale, tenterebbe di entrare dall'esterno (come già avvenuto), ma non dovrebbe riuscire a raggiungere l'area sterile poiché le maggiori forze di sicurezza sono poste a difesa del suo perimetro. Invertiamo i valori. Cosa accadrebbe se i martiri si attivassero dall'area sterile? Il coltello che ha ucciso il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega ha raggiunto legalmente l'Italia, essendo stato imbarcato a San Francisco.

Scenario: volo dall'aeroporto X all'aeroporto Y. L'aeroporto X consente, secondo normativa vigente, l'imbarco di coltelli in stiva. Cinque martiri imbarcano legalmente in stiva altrettanti coltelli, uno a valigia, e decollano dall'aeroporto X. Nell'aeroporto Y l'area sterile, quella dove sono presenti i passeggeri che hanno già superato i controlli, è attigua o facilmente raggiungibile dall'area di consegna dei bagagli. Giunti a destinazione presso l'aeroporto Y, i martiri attendono i bagagli, estraggono i coltelli e si reintroducono nell'area sterile. La minaccia si attiverebbe grazie al supporto esterno, con un’azione coordinata concepita per attirare le forze di sicurezza dell’aeroporto e distrarle dalla vera minaccia. Che la tragedia di Cerciello non sia vana. Endgame

La sicurezza in un aeroporto X

Un aeroporto è solitamente diviso in tre aree. L'area dell'aeroporto che precede i controlli di sicurezza ed il controllo passaporti in partenza e che segue la sala ritiro bagagli e controlli doganali in arrivo, è definita Land Side. Dalla Land Side i passeggeri, dopo aver effettuato i controlli di sicurezza, accedono nelle zone dell'aeroporto definite sterili. Nell'area sterile, quindi, accedono soltanto persone e mezzi autorizzati. L' Air Side, infine, è l'area dell'aeroporto in partenza e dalla sala ritiro bagagli che comprende le vie di rullaggio e le piazzole di sosta dei velivoli. Per raggiungere quest’ultima bisogna superare i perimetri della zona Land Side, strutture di terra all’interno dell’aeroporto. L'area preposta alle attività di volo, con aerei e strutture logistiche, rientrano nella Air Side. Le tre micro-aree, rientrano nella macro area che corrisponde all’aeroporto, intesa come struttura principale nella sua interezza. La altre aree come il parcheggio della zona arrivi o partenze, solitamente non sono schermate. In alcuni casi è presente una rete di telecamere, ma le difese proattive sono solitamente collocate soltanto nelle micro aree.

Un liquido non è una minaccia, la persona è la minaccia

La vulnerabilità delle aree di arrivo e partenza degli aeroporti è un dato di fatto, ma non è l’unico problema alla sicurezza. Il principale ostacolo è intercettare la minaccia prima che possa raggiungere i terminal, anche se una volta raggiunto l’aeroporto potrebbe essere troppo tardi per fermare un attacco. Si pone, quindi, il dilemma del tipo di sistema di protezione (e le sue pertinenze), che dovrebbe essere adottato sia per intercettare preventivamente una minaccia che per contrastarla una volta attivata. Procedure che andrebbero gestite in modo non prevedibile, ottimizzando le tecniche di analisi comportamentale. Posto che l’attentato non è geno-specifico, si dovrebbero attuare delle analisi comportamentali indicative di una particolare atteggiamento, sintomo predittivo di un’azione dannosa. Questo da solo non servirebbe se non venisse inserito in una combinazione di misure a più livelli.

Non avrebbe alcun senso, infatti, potenziare i controlli ad un parcheggio di un aeroporto (che diventerebbero di riflesso bersagli) e non creare dei punti di controllo nelle aree pubbliche per i terminal, come i treni ad esempio, ed unità cinofile schierate in svariati punti. Il primo nemico dei terroristi è proprio il cane addestrato: sia per le sue capacità olfattive che per le loro reazioni non prevedibili. Un liquido non è una minaccia. La persona è la minaccia.

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