LondraTutti al voto appassionatamente. Entusiasticamente secessionisti, ostinatamente unionisti, preoccupati e indecisi. Milioni di cittadini scozzesi si sono recati ieri alle urne. Comunque la pensiate in Scozia si è fatta la storia. Non è stato facile arrivare incolumi a questo referendum, la febbre scissionista era altissima, la paura ha fatto tremare molti scranni a Westminster.
In fila indiana come puntuali soldatini, si sono presentati all'appuntamento facendo registrare un record di partecipazione, oltre il 90%, mai visto prima. Con i primi exit poll, diffusi da Forbes America intorno alle 18.30, che riportano la tendenza di voto a Edimburgo: sì 52%, no 48%. Giovani e anziani hanno sfidato il triste grigiore del tempo, il freddo della mattinata e hanno iniziato questa giornata speciale andando a dire la propria. Hanno scritto su un foglio anonimo se volevano che la Scozia diventasse un Paese indipendente oppure no. Poi sono andati al lavoro: chi negli ospedali, chi nelle banche, chi nelle scuole, chi al college, chi nei campi. La percentuale dei votanti registrati è stata del 97%, vale a dire 4.285.323 persone suddivise in 5.579 seggi elettorali. Alcuni erano grandi come una roulotte in paesini sperduti circondati dal viola dell'erica. E nessuno, neppure coloro che non erano in grado di recarsi di persona al seggio, ha rinunciato a esprimere la propria opinione, i voti postali hanno raggiunto quota 789.024. Pochissimi gli incidenti, nel corso di una delle campagne più seguite degli ultimi decenni. Nessuna campagna elettorale politica aveva avuto una simile partecipazione eppure ieri si è verificato un unico arresto. A parte qualche graffito apparso nella nottata sulle facciate di qualche seggio elettorale, tutto si è svolto in perfetto ordine. Una lezione di civiltà per cui il Regno Unito (o diviso) si distingue da sempre.
Pochi ieri i dettagli rilasciati dai media costretti praticamente al silenzio stampa da regole severissime. La notizia del giorno più eclatante è stata senza dubbio il tweet di supporto ai secessionisti dato in zona Cesarini dal campione di tennis scozzese Andy Murray. Nella tarda nottata di ieri, Murray - che non vive più in Scozia e quindi non ha diritto al voto - si è detto deluso dal pessimismo degli unionisti e ha postato un entusiastico messaggio di supporto per gli indipendentisti, sollevando così un vespaio di critiche per il suo «outing» tardivo. All'inizio infatti il tennista si era sempre espresso cautamente e poco faceva pensare che vedesse di buon occhio gli uomini di Salmond
Ma forse, questa sua uscita può rappresentare la vera chiave di lettura dei passi sbagliati fatti a Westminster, quelli che potrebbero portare alla vittoria del «Si». A pochi è infatti piaciuta quell'offerta congiunta, fatta all'ultimo minuto dai tre leaders politici di maggioranza e opposizione, sulla delega di poteri da concedere al Parlamento scozzese in caso di vittoria del «No». Una mano tesa veramente troppo tardi per indurre Salmond a tirarsi indietro. «Siamo nelle mani degli Scozzesi» ha detto il Primo Ministro visionario che dell'indipendenza ha fatto la sua ragion di vita.
Ma anche il futuro dell'economia è nelle mani degli Scozzesi in queste ore. Ieri, quasi a voler puntellare il pericolo di un disastro imminente, la Borsa ha tenuto, la sterlina non ha fatto registrare nessun balzo o caduta significativa. Ma i traders della City non hanno quasi dormito e stamattina erano al lavoro all'alba.
La Banca di Inghilterra aveva già preparato un comunicato stampa, in caso di vittoria del «Sì», per rassicurare i mercati finanziari, e tutte le banche si apprestano a inviare dei messaggi simili ad investitori e clienti.E oggi, gli scozzesi si sveglieranno per affrontare un mondo nuovo, che richiederà equilibri differenti. Comunque sia andata, non si torna indietro.
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