Crisi in Yemen

Yemen, ecco chi muove i fili del colpo di Stato

Il presidente agli arresti domiciliari. Il capo del governo è fuggito. Ma chi sono davvero i ribelli Houthi?

Yemen, ecco chi muove i fili del colpo di Stato

Precipita la situazione nello Yemen. Dopo un giorno di assedio nella sede del governo di San'a il premier Khaled Bahhah si è messo in salvo in un luogo sicuro. Gli insorti hanno circondato il palazzo presidenziale e, secondo fonti del presidente Abdel Hadi Mansur, tengono il capo dello Stato agli "arresti domiciliari". Il capo della guardia presidenziale, invece, è fuggito ad Aden, nel sud del Paese. In serata presidente e ribelli avrebbero trovato un accordo per mettere fine alle violenze, ma la tensione resta alta.

Cerchiamo di capire meglio chi sono gli insorti che tengono in pugno il Paese. Il capo dei ribelli Houthi, Abdel-Malek al-Houthi, in realtà respinge l’ipotesi di un colpo di Stato, accusando il presidente Hadi di aver protetto i corrotti. Il loro intervento rivoluzionario, dunque, sarebbe dettato dalla necessità di combattere la corruzione. Da settembre gli Houthi controllano ampie zone di San'a, grazie a un attacco sferrato un istante dopo la firma di un accordo di pace con il governo, raggiunto grazie alla mediazione delle Nazioni Unite, che prevedeva la nascita di un nuovo esecutivo non ostile a loro. Da allora il presidente Hadi accusa i ribelli di tradimento e punta il dito contro Teheran, considerato loro grande sponsor.

Secondo alcuni analisti, infatti, gli ayatollah iraniani sono i padrini politici degli Houthi, che appartengono allo Zaydismo, una branca sciita: e la dottrina islamica su cui si fonda la Repubblica islamica è proprio quella sciita. I ribelli hanno sempre smentito ogni collegamento con Teheran, ma di recente le autorità yemenite hanno annunciato di aver sequestrato navi che trasportavano armi iraniane destinate proprio agli Houthi. Nei mesi scorsi un deputato iraniano vicino alla Guida Suprema (l’ayatollah Ali Khamenei) senza volerlo in un discorso si era tradito, dicendo che San'a "è la quarta capitale del mondo arabo in mano iraniana" dopo Damasco (il regime del presidente Assad), Beirut (Hezbollah) e Bagdad (con gli sciiti al potere).

La situazione incandescente di San'a preoccupa l'Arabia saudita e le altre monarchie del Golfo. Riad e i loro alleati, da sempre attenti a quello che succede in Yemen, vedono disgregarsi il loro progetto di pacificazione del Paese, che passava attraverso l’uscita di scena dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh e la sua sostituzione con quello che allora era il suo vice, Hadi. L’instabilità dello Yemen tuttavia preoccupa anche l'Occidente. Alcune zone del paese, infatti, in particolare quelle del sud, negli ultimi anni si sono trasformate in pericolose roccaforti di al-Qaeda, che ora può avvantaggiarsi dell’ulteriore caos.

Non bisogna poi dimenticare che proprio il braccio armato di al-Qaeda in Yemen ha rivendicato il massacro del 7 gennaio nella sede di Charlie Hebdo a Parigi.

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