MONTALBANO, NON FARE POLITICA

MONTALBANO, NON FARE POLITICA

No per favore no. Il Montalbano politicizzato no, risparmiatecelo. Per il resto tutto bene (o quasi) come al solito: grosso successo di audience, consueta buona prova interpretativa di Luca Zingaretti, solite panoramiche da cartolina della Sicilia, divertenti le caratterizzazioni di qualche personaggio di contorno, riuscito l'equilibrio tra il timbro singolare del linguaggio espresso sulle pagine e l'atmosfera del racconto trasferita sul video. Ma che adesso il nostro amato commissario debba farci il sermoncino da poliziotto «impegnato», costrettovi dal velleitarismo sociopolitico di Camilleri che non si accontenta più di essere solo un giallista di successo, questa pare davvero una nota stonata. E se ci fosse uno strumento che misura, oltre all'audience e ai picchi di ascolto minuto per minuto, anche quei momenti di un telefilm in cui le braccia cadono e il latte va alle ginocchia, il clou sarebbe senz'altro rappresentato dalla scena in cui Montalbano è nel suo ufficio con i collaboratori più stretti e minaccia di andarsene dalla Polizia in seguito ai fatti di Genova, alla reazione violenta della Polizia contro i no global che avevano messo a ferro e fuoco la città. Montalbano non la regge proprio, quella reazione finita peraltro sotto inchiesta giudiziaria, con uno strascico di accuse e controaccuse. E si agita, e sbraita, e si indigna in sequenze mai così distanti e stridenti rispetto al tono solito del racconto. E poi però, giusto per dare un colpo al cerchio e uno alla botte, in ossequio alla più ipocrita delle par condicio, si affretta ad aggiungere che «In precedenza a Napoli, sotto un altro governo, è successo lo stesso. Segno che la lordìa è dentro di noi». Ovvero che il marcio è nella società, nel sistema, e meno male che poi la scena finisce e si torna grazie a Dio all'«esterno Sicilia» altrimenti chissà quale altra lezioncina piena di buone intenzioni ci avrebbe propinato il Montalbano in versione politically correct. E adesso chissà in quali altri comizi, e su quali temi sociali, si eserciterà nelle prossime puntate con il rischio di rovinarne la fluidità del racconto. Noi continuiamo a preferire il commissario Montalbano come ci era stato sempre presentato, sanguigno e ironico, buongustaio e spigoloso, non geneticamente modificato da incursioni nella realtà politica.

E se è vero che questi saranno gli ultimi episodi di un'epopea che continua ad essere baciata dal successo, vorremmo ricordarlo come un felice esempio di compromesso tra la forza del testo e l'abilità di adattarlo allo schermo accontentando sia i lettori che i telespettatori. La deriva parolaia è meglio lasciarla a chi non ha altre carte da giocare.

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