da Roma
Si distinguono Gianfranco Fini e An, compattamente assicurando che quello del presidente uscente di Confindustria «non è un manifesto politico», anzi la sua relazione offre «spunti di riflessione anche per il centrodestra», dunque nulla da ridire o tanto meno da temere. Per quasi tutto il resto del centrodestra però, quella di Luca Montezemolo è indubitabilmente una «scesa in campo». Pur con una sottodivisione che è ormai caratteristica delle forze dopposizione: così, se Pier Ferdinando Casini saluta larrivo in politica dellultimo «uomo nuovo» dicendo di condividerne il «manifesto ideale, programmatico e politico», cè invece Silvio Berlusconi che rinfaccia un programma ricalcato su quello del centrodestra, col rimprovero di non aver mosso un dito allora, e dunque «chi è causa o concausa del suo mal, pianga se stesso». In tanta disparità di canto, succede ovviamente che in ogni partito della Cdl, si levino commenti discordanti.
Era in campagna elettorale a Verona ieri sera, il leader di Forza Italia, ed ha risposto ai giornalisti di non aver provato «nessuna sorpresa» per la discesa in campo di Montezemolo, anzi la sua relazione suona come una «ipotesi di programma abbastanza ampio, quasi politico, che corrisponde totalmente con il programma che noi abbiamo presentato e quasi attuato quando eravamo al governo e che avremmo finito di attuare se avessimo proseguito con una seconda legislatura». Quindi, la stoccata di Berlusconi: «Dispiace vedere che per quanto riguarda certi punti (più poteri per il premier, diminuzione numero parlamentari, divisione delle funzioni tra Camera e Senato e attuazione del federalismo fiscale, contenuti nella nostra riforma costituzionale bocciata dal referendum), Confindustria a suo tempo non abbia mosso un dito. Anzi, i suoi giornali li abbiano bocciati. Quindi, chi è causa o concausa del proprio mal pianga se stesso».
In Forza Italia, però, Sandro Bondi sottolinea positivamente la relazione di Montezemolo ove «segnala le gravi difficoltà in cui si trova oggi il nostro Paese». Mentre Fabrizio Cicchitto dichiara che Fi è pronta a raccogliere la sfida e avverte: «Se Montezemolo vuole scendere in politica, lo faccia. Vediamo quale consenso saprà ottenere». E se Margherita Boniver spiega che la sortita di Montezemolo «si inserisce perfettamente nella scia del programma liberale di Berlusconi», dunque se così fosse «non si potrebbe che dargli il benvenuto», Lucio Malan rimprovera che sullammodernamento costituzionale, «quando tiravamo la carretta al momento del referendum confermativo non abbiamo percepito un grande aiuto da lui e dalla stampa i cui editori siedono in Confindustria».
Da An, il giudizio è senzaltro positivo. Fini dice di «non credere» ad un ingresso di Montezemolo in politica, condivide «molti aspetti del suo discorso» e spiega: «Non si tratta di un manifesto politico ma sicuramente di una relazione dettagliata e condivisibile, una terapia per rendere competitivo il sistema Italia rivolta in particolare al governo ma, a mio avviso, contenente molti elementi di riflessione anche per il centrodestra». Gianni Alemanno è in linea, ribadisce che in quel discorso «cè una sfida alla politica che va accettata senza riserve. Non è solo la critica profonda al fallimento dellattuale azione di governo, ma è anche un invito a sbloccare e a rigenerare il bipolarismo italiano». Perché così buoni con Monty? Perché il suo è «un manifesto politico, un programma di destra chiaro e condivisibile», spiega Adolfo Urso. A destra però cè pure Alessandra Mussolini che sferza: «In Italia siamo al paradosso per cui il primo che parla è il nuovo e tutti si innamorano dellultimo che parla».
Casini, dicevamo, è soddisfatto: «Una discesa in campo in piena regola, con un manifesto ideale programmatico e politico che condivido. Lunica cosa che ci sarebbe stata bene era una paginetta autocritica sulle responsabilità degli imprenditori. Ma il resto è largamente condivisibile e innovativo rispetto al conservatorismo politico e istituzionale che cè in entrambi i poli».
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