Moody’s va all’attacco delle nostre banche Passera: «Sono solide»

Nuovo sgambetto di Moody’s alle banche italiane, accusate di avere una redditività in calo anche a causa alla fragilità della ripresa. «Il nostro outlook sul settore resterà negativo anche nel 2011», ha detto la società Usa aggiungendo al cahier de doleance del credito nazionale la consistente massa di crediti inesigibili e riserve ritenuti «insufficienti a far fronte ai crescenti problemi connessi alla qualità degli attivi». Secca la replica dell’ad di Intesa Sanpaolo Corrado Passera: «Non credo che il sistema sia in difficoltà: le banche italiane sono oggettivamente passate attraverso la crisi molto meglio di altre». Passera ha quindi rivendicato la scelta fatta da molti istituti di restare vicino «all’economia reale» e quindi ai bisogni di famiglie e imprese ma si è schierato a fianco del numero uno della Fiat Sergio Marchionne, chiedendo uno sforzo per rendere l’Italia «più produttiva e competitiva, dobbiamo lavorare su tutte le leve». Piccata anche la posizione dell’Abi di Giuseppe Mussari: «La qualità e le dimensioni dei nostri attivi sono sicuramente invidiabili in Europa e nel mondo», ha detto Mussari che come presidente di Monte Paschi ha già avuto più di un dissapore con Moody’s.
Il fatto che al credito made in Italy occorreranno almeno 15 miliardi per superare lo scoglio patrimoniale di Basilea III è opinione diffusa tra gli analisti, alcuni dei quali ieri erano però perplessi davanti allo studio di Moody’s. La società che compila la pagella ai gruppi e agli Stati di mezzo mondo, assegna al complesso delle banche italiane il giudizio «C» («A3» nella tradizionale scala del rating). La media, tuttavia, «è influenzata dai rating più elevati» di Unicredit e Intesa, da cui si deriva che la maggioranza delle banche è «vulnerabile alle avversità». La stessa Moody’s è poi parsa ammorbidire i toni: sebbene un aumento delle riserve renderebbe le banche «meno vulnerabili di fronte a choc imprevisti che dovessero colpire l’economia», al momento «non c’è alcuna urgenza di procedere a ricapitalizzazioni», hanno precisato Henry MacNevin e Carlo Gori.
Resta poi la morsa di Basilea III, per liberarsi della quale secondo molti osservatori le banche saranno costrette a battere cassa ai soci o a tagliare i dividendi, con tutti i problemi che questo comporterà nei confronti delle Fondazioni azioniste che sono già da tempo a corto di cedole. C’è poi da considerare che molte concorrenti europee si sono già mosse per alzare l’asticella del patrimonio, con la conseguenza di aumentare il pressing degl investitori sull’industria del credito nazionale. Il Banco Popolare, che ha appena chiesto due miliardi al mercato, ha quindi solo rotto il ghiaccio e, malgrado il direttore generale Antonio Vigni abbia nuovamente smentito, le sale operative sono convinte che la prossima ad agire sarà Monte Paschi: secondo i calcoli di alcuni analisti avrebbe bisogno di tre miliardi, che può però reperire in diversi modi. Non va dimenticato, inoltre, che le banche italiane hanno ben figurato alla prova degli stress test europei e che Moody’s, tra i cui grandi azionisti c’è il finanziere americano Warrent Buffet, a maggio era arrivata a sollevare sull’Italia anche lo spettro del contagio greco.

Una pugnalata, che aveva provocato la dura reazione di Bankitalia e incrementato i dubbi sulla credibilità dei «Signori del rating». Gli stessi che insieme a Fich e Standard & Poor’s davano il massimo dei voti ai prodotti finanziari legati ai mutui a rischio, poi diventati «spazzatura».

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