Moratti: «Abbiamo già preso troppe lezioni»

Moratti: «Abbiamo già preso troppe lezioni»

Riccardo Signori

C’è una statistica che non si fida dei due gol rifilati dalla Juve all’Inter e che fa sentenza. Secondo l’istituto di storia e statistica del calcio, l’Inter quest’anno è ancora la miglior squadra del mondo (310 punti) e la Juve è solo quindicesima (sì, avete letto bene) con 222 punti. Invece sul campo... Dopo il grande diluvio non ci può essere arcobaleno nel cielo interista. Pesano i gol, i sei punti di distacco, le sofferenze interne: conta, quanto conta l’assenza di Veron. Pesano, quanto pesano accuse e insulti a Materazzi: la società vorrebbe adire vie legali contro quel senatore che ha parlato di «delinquente comune». Infine i mugugni di Adriano, figli delle recenti brutte figure.
Per tutto questo, Mancini e Moratti ci sono rimasti male. Il carattere non si compra. E la Juve, su quel piano, ha stravinto. Meglio inchiodare tutti alle proprie responsabilità. «È mancata quella determinazione che prevedevo avrebbe avuto la Juve e che speravo di vedere anche nell’Inter. Ma ora basta con le lezioni: ne abbiamo presa una a Palermo ed una a Torino. I sacrifici della società e miei personali non consentono demoralizzazioni di alcun tipo. Ora serve andare avanti con più determinazione», ha ordinato il patron con un primo pizzico di insofferenza. Ma assolutamente in linea con il suo allenatore: «La Juve ci è stata superiore nell’impatto con la gara e nella forza fisica – ha spiegato Mancini –, ma queste sono caratteristiche che fanno parte del suo Dna. Loro sono stati superiori nell’impatto con la gara, ci hanno messo sotto pressione nei primi venti minuti. Ma la Juve non ci è stata nettamente superiore». E l’insofferenza viene anche da Francesco Toldo, per nulla contento di scaldare la panchina: «Se me l’avessero detto in estate, avrei fatto altre scelte», si è lamentato ieri il portiere. Riservando una frecciata a Julio Cesar: «Non mi sento inferiore a lui: è giovane, una volta per essere portiere all’Inter ci voleva esperienza».
Ma ora l’Inter si ritrova ad arrancare in classifica e con un bel carico sulle spalle: sconfitta e messa sotto innanzitutto per colpe proprie, nel giorno in cui doveva presentare le credenziali al campionato. Restano tante piccole ferite e un peso: Adriano, per esempio, è tornato a giocare da palla al piede. Prima di partire per il Brasile, ha criticato la squadra per i pochi palloni ricevuti. Mancini e Moratti gli hanno fatto capire che dovrebbe essere lui a darsi una svegliata. Dice il padrone: «Il nostro centrocampo ha sofferto la prestanza fisica degli avversari. I nostri attaccanti saranno stati anche soli, ma hanno qualità tali che possono sia aiutare, sia muoversi diversamente». L’allenatore completa l’opera: «Abbiamo affrontato la difesa della Juve, non quella degli ultimi arrivati. È chiaro che non possono capitarti molti palloni. Adriano e Martins, quando si sono cercati, hanno creato delle difficoltà. Possiamo fare meglio, perché i calciatori che abbiamo sono bravi».
Un buffetto o poco più, ma dopo tutte le coccole e il rinnovo del contratto anche Adriano dovrà ricambiare. Problema creato più dai suoi egoismi, che dalla voglia di aiutare i compagni a non affogare nella strapotenza juventina. Sarebbe bastato osservare il lavoro di Ibrahimovic per capire come si può essere utili ad un centrocampo in difficoltà. Forse, in questo momento, Adriano pensa un po’ troppo alla sua nazionale e, se non segna o non confeziona assist, diventa un toro seduto più che un imperatore.

Fu così anche l’anno passato, nei mesi di grigiore che accompagnarono la sua voglia di fuggire dall’Inter. In quel periodo la squadra aveva già perso lo scudetto. Per ora lo vede solo più lontano. Però continuano a mancare i gol del brasiliano. Un segnale? Adriano datti un mossa. Glielo dice anche Moratti.

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