Moratti: «Se succede... ciao Mou»

Non succede, ma se succede... Adesso lo dice Moratti. E non parla di Champions, ma di Mourinho. Quello, che spiega nel suo italiano stilizzato spagnolo: «Ho 47 anni, ancora 23 per allenare. Un anno succede che io vado al Real». E l’altro che si è già messo il cuore in pace. Ieri il presidente nerazzurro, tra un festeggiamento e una intervista, è stato chiaro quanto mai. «Mourinho è vulcanico ed è difficile far previsioni con un vulcano. Non si sa cosa possa decidere. O una cosa sorprendente che non ci aspettiamo. O una, purtroppo, che ci aspettiamo. E che non sarebbe legata all’Inter quanto a quello che c’è all’esterno». Ovvero: ciao, ciao Mou, poi se succede che ci ripensi...
Il lunedì del dì di festa è stato in stile Inter: vince lo scudetto e si parla d’altro. Di tutto un po’: lo striscione non proprio da gentleman contro Totti, appeso al pullman nerazzurro per le vie di Milano, le precisazioni di Ranieri neppur fosse un professorino seccato («Hanno punito il capitano per il pollice verso, ora vediamo se usano lo stesso peso per lo striscione») e quelle stizzose di De Rossi che non ha gradito la maglia “Nun è successo...” di Materazzi («Una ruffianata»), le chiacchiere di La Russa («Vergogna Siena, troppo impegno e troppo catenaccio») e, appunto, lo striscione della discordia. «Questo è lo specchio dell’Italia, della sua classe politica e di quei politici che hanno accusato il Siena. Chi ha esposto lo striscione lo avrà fatto per compiacere i tifosi. E nessuno ha chiesto scusa». Per il vero lo ha fatto Moratti, generico nei modi ma chiaro negli intenti. «Sì, nella festa qualcosa è scappato. Mi spiace per Totti. Ma credo che questa non possa essere una molla per portare rancore». Illuso: da Roma sono partiti i siluri.
Ma i problemi nerazzurri sono ben altri: la Champions e Mourinho in ordine di importanza. Vincere la coppa, potrebbe portar Moratti a sfogliare il calendario per decidere quando mettere la parola fine alla sua presidenza. Non a caso il figlio è diventato numero due societario a tutti gli effetti. La Champions sta in cima a ogni pensiero, e non c’è caso o polemica che possa distogliere la compagnia. Lo dicono i discorsi dei giocatori. In tal senso spettacolare Balotelli, che non aveva ancora finito di giocare per lo scudetto e già pensava a vincere a Madrid.
Sarà piaciuto a Mourinho che, a sua volta, nulla tralascia. Ieri ha deciso di anticipare la partenza per Madrid: via domani pomeriggio, anziché venerdì come tradizione voleva. Incombe la nube del vulcano islandese. Tradire la scaramanzia sarà costato tanto, ma c’era il rischio di un viaggio in pullman.
Champions e Mourinho potrebbero regalare emozioni a ripetizione. Ma forse l’una esclude l’altro. Il popolo del web ha già cominciato la sua preghierina all’amato Specialone. Non si contano gli adulatori in servizio permanente. Addirittura un cardinale portoghese, Jos Saraiva Martins, ha sfiorato il sacrilegio inneggiando a un “santo subito”. «Se vincesse la Champions». Milito lo ha carezzato con il suo pianto: «Mister non se ne vada». E quella faccia commossa di Mou ha disegnato un tormento, che Moratti ha definito nel modo più concreto: «Ha dimostrato la sua completezza di uomo, mostrando anche una parte sentimentale che tiene a freno, perché deve fare il capo. Le lacrime hanno significato affetto e riconoscenza per i giocatori». Detto con l’aplomb di un osservatore e con la consapevolezza di avere un problema da risolvere. «Dopo averne risolto un altro che è quello dello scudetto», ha raccontato il presidente, letti i giornali del mattino e assegnati i suoi oscar a Milito e Zanetti. «Questo è stato lo scudetto della conferma, ma con un carattere di eccezionalità: vincere cinque titoli di fila, in periodo di accesa rivalità, vale molto». Ecco, Moratti è molto più legato alle vittorie, piuttosto che all’amletico: resta o non resta? Se resta, bene. Se non resta me ne farò una ragione, ha raccontato ad amici. E lo ha ripetuto in bella scrittura. «Se Mourinho va, è per una non adattabilità a certe situazioni italiane. Lui è libero di farlo, essendo straniero. Però non è detto lo faccia. È divertente dover sempre combattere, in Italia e particolarmente all’Inter. Non hai mai il massimo della soddisfazione, perché qualcuno cerca sempre di non dartela. Sono insegnamenti di vita». Ma se Mou vuole un’altra vita...

Moratti cambierà tecnico e il tecnico cambierà scuola ai figli. Anzi, pare non abbia rinnovato l’iscrizione alla scuola americana del Canton Ticino frequentata quest’anno. Aspettiamo sabato, ha ripetuto il presidente. Ovvio. Chi vincerà, vedrà.

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