Morire in vacanza a Portofino: padre e figlio inghiottiti dal mare

Immersione fatale. Nonostante le difficili condizioni del tempo sono entrati in una grotta a 15 metri di profondità: e sono rimasti bloccati dentro, fors a causa della forte corrente di risacca. Salvo solo l'istruttore

Morire in vacanza 
a Portofino: padre e figlio 
inghiottiti dal mare

Il diario dell'estate italiana comincia ad annotare con puntualità notarile i suoi poveri caduti. Storie di mare e di montagna, storie di mare e di montagna troppo spesso presi sottogamba. Purtroppo, comunque storie di famiglie distrutte: nei giorni sereni in cui vorrebbero ritrovarsi, finiscono irrimediabilmente perdute.
La penosa Spoon River del caldo relax accoglie questa volta un padre e un figlio, uniti dalla stessa passione per le profondità marine, uniti nello stesso destino fino all'ultimo respiro. Forse, aiutandosi fino al sacrificio estremo. Domenico Ferrari, 54 anni, sindaco di Agazzano, un paesino sulle prime colline piacentine, insieme al suo Angelo, secondogenito, 17 anni appena. Un sabato dedicato alle immersioni, nel luogo sontuoso della fantasia chiamato Portofino. Quando decidono di scendere nella grotta di san Giorgio, che sta esattamente sotto la chiesetta delle cartoline spedite in tutto il mondo, il mare non è tranquillo. Dicono gli esperti che l'immersione in sé non abbia nulla di avventuroso: pochi metri di profondità, giusto il fascino di curiosare tra colori e trasparenze della riserva naturale. Bisogna evitare soltanto di addentrarsi nel cunicolo quando c'è risacca, perché diventa serio il rischio di sbattere contro le pareti.
Troppo presto, adesso, per dire che cosa realmente avvenga nel mare sotto la chiesa di San Giorgio. Padre e figlio sono comunque con un istruttore, che dovrà pur spiegare qualcosa. L'inchiesta, viene subito specificato in questi casi, «s'incaricherà di chiarire tutti i dettagli della tragedia». Si ha un bel dire. Come se chiarire servisse a morire un po' meno. O un po' meglio. Ma nessun chiarimento sposterà più di una virgola la sostanza dell'irrimediabile. Alcuni minuti e l'istruttore torna affannato a riva, chiedendo aiuto. Un gommone con sei sommozzatori dei vigili del fuoco parte verso la grotta magica e fatale, ma la risacca impedisce anche a loro di intervenire concretamente. Non c'è davvero più nulla da fare: il corpo di Domenico, il papà, riaffiora quasi subito, restituito brutalmente dall'inclemenza del mare che tanto ha amato. Il suo ragazzo, Angelo, resta invece là sotto. Per recuperarlo, bisognerà aspettare che le onde si plachino. Prima o poi, si placheranno. Niente si placherà mai nell'anima di sua madre Isabella e della sorella maggiore Viola, rimaste a terra nel mezzo del naufragio più furioso, uno di quei naufragi che non si risolvono nell'arco della vita intera.
Che cosa dovremmo aggiungere, adesso? Forse un bel discorso, il solito discorso, sull'estate prudente. Sulla vacanza sensata e responsabile, che non lascia niente al caso e non concede nulla all'incoscienza. Già sono partite le consulenze a gettone dei grandi lupi di mare, che spiegano con aria sacerdotale quanto sia importante muoversi con circospezione, seguire corsi di preparazione, desistere di fronte al minimo rischio. Equipaggiarsi, allenarsi, premunirsi. Per arrivare al rifugio di montagna, per scendere nella grotta di San Giorgio. Con il mare e con la montagna non si scherza. Sono stupendi e traditori, chi non lo sa.
Tutte lezioni importanti e sacrosante. È l'ineccepibile del giorno dopo, a tragedia ufficializzata. Peccato che nel caso di Portofino non siamo di fronte a pazzi suicidi o a fumati cronici, come quei teenager capaci di sfidarsi a chi salta dai binari il più tardi possibile, mentre il treno arriva, o a chi si butta dal tetto più alto senza morirne, al limite festeggiando in ospedale i femori e le ginocchia frantumati. Non siamo neppure di fronte agli avventurieri da salotto che vanno a ficcarsi nelle situazioni più assurde nei luoghi più guerreggiati del pianeta.
Stavolta nel diario dell'estate italiana c'è soltanto un padre appassionato di mare che vuole portare il figlio in una bellissima grotta sott'acqua, facendosi accompagnare da un istruttore. Non è il caso di stabilire con una Norimberga balneare quanto abbia peccato in leggerezza, quanto avrebbe fatto meglio a trattenersi, a non fare il passo più lungo della gamba. Nessuna immersione vale un simile prezzo, nessuna arrampicata vale un simile prezzo: tutte cose che quel padre sapeva benissimo, come chiunque di noi. Sappiamo che superare i 130 in autostrada può essere pericoloso, ma li superiamo, anche solo fino a 140 o a 150. Ciascuno, in tanti momenti della propria vita, fa il passo più lungo della gamba, o pecca di leggerezza. Ma non è il caso di farla troppo lunga. Non esiste al mondo che un qualunque errore, se c'è, debba essere pagato in modo così crudele.


Qualcosa di enorme, tra le onde di Portofino: un padre e un figlio se ne sono andati inseguendo la loro idea di estate, e non c'è niente da aggiungere. Solo un poco di pena per chi, in cuor suo, senza dirlo ad alta voce, riesce a pensare che in fondo se la sono cercata.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica