Politica

Morti 4 fratellini sull’autostrada cimitero

Nessuno proclamerà mai il lutto nazionale per la banalità di un incidente stradale. Ma anche senza proclami solenni, un lutto feroce cala sull'ordinarietà della nostra vita quotidiana. Tutti ci spostiamo in autostrada, tutti abbiamo i figli sui sedili posteriori, tutti possiamo capire. Quel mattatoio a ciclo continuo che è ormai la A4, tratto Brescia-Bergamo-Milano, aggiunge altre croci al suo sconfinato cimitero. Abituato a sfornare bilanci spaventosi, riesce ancora a stupire: stavolta muoiono quattro fratellini, carbonizzati nell'auto di famiglia, dopo il solito tamponamento. Otto anni il piccolo Qasim, dieci la sorellina Qazia, tredici il fratello Asim e sedici il più grande, Mohsan. Il papà e lo zio, seduti davanti, sono salvi per miracolo: il primo è al centro grandi ustioni di Genova, l'altro a Cesena, ma pare che ce la faranno. Sopravviveranno. Per continuare a rivedersi, giorno e notte, gli attimi incancellabili di una mattinata qualunque in autostrada.
Siamo a Seriate. Come Dalmine, Capriate, Trezzo, Cavenago, Agrate: nomi da «Onda Verde» e da «Ciss viaggiare informati». Basta accendere la radio, a qualunque ora, e loro ci sono sempre. Paesotti anonimi, senza storia universale, diventati però famosissimi con le perpetue citazioni del caos viabilistico.
Più o meno le nove di mattina, giornata di sole, visibilità perfetta. L'Opel Astra della famiglia pakistana è in viaggio da Villaverla, paese del Vicentino: il papà, operaio a Bassano, porta i bambini al consolato di Milano per pratiche burocratiche (stanno con lui da un anno, dopo la separazione dalla moglie, rimasta in Pakistan). C'è un restringimento per lavori, questa industria permanente che da anni ha messo radici lungo il famigerato tratto: nelle ultime stagioni, almeno, è per la quarta corsia, che a qualcosa - si spera - servirà. Traffico biblico, improvviso rallentamento, frenata busca: lo zio, che sta alla guida, si ferma. Purtroppo alle sue spalle arriva come una bomba l'Audi di un trentacinquenne, pure lui vicentino. Velocità troppo alta, ipotizza la Polizia nella sua accusa di omicidio colposo. Dall'urto e dalle conseguenze, appare quanto meno verosimile. La macchina dei pakistani va a sbattere contro una Mercedes che sta davanti, quindi prende fuoco. Padre e zio riescono in qualche modo a scendere, i ragazzini restano imprigionati. Li vedono morire così, in un rogo terribile, senza riuscire a muovere un dito.
Non si può nemmeno parlare di evento eccezionale. Siamo piuttosto nella macabra routine di un'autostrada funebre. Da troppo tempo, ormai. Da un tempo che suona a vergogna nazionale. Quando completarono il tratto Milano-Bergamo, al casello orobico costruirono il famoso torrione che ancora oggi si vede in lontananza: era l'omaggio un po' megalomane per il Duce, atteso in visita di lì a pochi mesi per una grandiosa inaugurazione. La rovina del regime e della guerra impedì i solenni festeggiamenti, ma il torrione è ancora lì, ora fetido nido di piccioni. Purtroppo, per sessant'anni, neppure l'autostrada è cambiata molto. Quando arrivò la terza corsia era già tempo di fare la quarta. E adesso che arriva la quarta, sarebbe già ora di una quinta e una sesta: perché il traffico di uomini e merci, col passare degli anni, è cresciuto a ritmi esponenziali. Ormai, per questi cinquanta chilometri nel cuore della regione più dinamica d'Europa, i tempi di percorrenza sono imprevedibili e imprecisati: possono diventare anche due ore, tre ore. Quando si va. Inutile difatti specificare che il più delle volte non ci si muove nemmeno ad andature podistiche, perché la mole inimmaginabile di traffico provoca ogni giorno incidenti più o meno tragici, con regolari code bibliche e inevitabili chiusure. Poi c'è pure qualcuno, come il presidente della Provincia milanese, Filippo Penati, che lotta contro la Bre-Be-Mi, alternativa direttissima da Brescia a Milano, ritenendola superflua: per fortuna, Formigoni l'ha difesa con i denti, e finalmente presto partirà, con soldi tutti privati, senza dire grazie a nessuno.
Nell'attesa della viabilità di domani, oggi l'incredibile scenario presenta il suo pesante conteggio di costi sociali: benzina sprecata, tempo buttato, stress accumulato, inquinamento gravissimo. Tutta roba comunque da festeggiare, come male minore rispetto al flagello vero: l'ecatombe umana. Morti e feriti, il bilancio è bellico.
I piccoli fratelli pakistani sono solo gli ultimi martiri, i più innocenti, di quest'immane e indecoroso stillicidio. Sadico, il destino: fra quattro mesi soltanto, a settembre, i cantieri sbaraccheranno e finalmente si aprirà completamente la quarta corsia. Con meno caos, con meno rallentamenti a catena, magari questo genere di tamponamenti diventerà più difficile. Forse. È una semplice speranza, niente di più. Realisticamente, non è il caso di farsi illusioni: oltre ai lavori, oltre all'affollamento, il problema stabile e irrisolvibile resta la velocità. Attualmente tra Bergamo e Milano, causa i lavori, il limite è 100: ci fosse qualcuno che lo rispetta. Chi ci prova, peggio per lui, viene brutalmente rimosso a colpi di clacson e di abbaglianti. Nello zig-zag dei cantieri, come un toboga ad altissimo rischio, è far-west motoristico. Vince il più forte. Inutile però sperare nell'arrivo dello sceriffo: non compare mai.

Evidentemente persino la Stradale vira su altri percorsi, per timore di restare ingorgata.
Cristiano Gatti

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