Morti in corsia, il giallo dei lavori fantasma

nostro inviato a Castellaneta (Taranto)
Una lettera in puro stile borbonico, come ancora usa nei rapporti commerciali di questo Paese, avviato suo malgrado al terzo millennio. «Con la presente siamo a comunicarvi, in riferimento a quanto previsto dall’art. 10 comma 2» eccetera eccetera «che le caratteristiche dell’impianto in oggetto hanno subito alterazioni in quanto sono state apportate modifiche al reparto di terapia intensiva piano primo compromettendo il funzionamento dell’impianto come da progetto».
È l’incipit della raccomandata con cui Domenico Matera, titolare della Ossitalia di Bitonto, declina ogni responsabilità sul buon funzionamento dell’impianto di gas medicali montato dai suoi tecnici nella primavera del 2005 nell’ospedale di Castellaneta. La lettera porta la data del 12 ottobre 2005. Lettera morta, abbiamo scritto ieri. Dimenticando, per un momento, che in fatto di burocrazia e di protocollo noi italiani possiamo dare lezioni al mondo intero. Basta cercare con pazienza, ed ecco saltar fuori la risposta alla raccomandata «in oggetto». La lettera (numero di protocollo 4912) porta la data del 22 ottobre, ed è firmata dal direttore sanitario della Ausl di Taranto, Francesco Menza. Il dirigente dell’azienda sanitaria, che scrive per conoscenza anche al direttore medico e amministrativo del Polo ospedaliero occidentale e al direttore sanitario dell’ospedale di Castellaneta, si chiama fuori. «Questa direzione medica - scrive - non è a conoscenza di quanto comunicato nella nota acclusa (la lettera di Ossitalia, ndr). Ma per evidenti motivi di opportunità ritiene utile una verifica di prestazione dell’impianto secondo vigente normativa».
Tutto a posto, no? Solo che nessuno diede seguito al «consiglio» del direttore sanitario dell’Ausl. Un valzer cartaceo finito in un binario morto, secondo gli intramontabili principi dello scaricabarile, si direbbe. Ossitalia che dice di sapere (ma chi glielo ha detto?) di modifiche effettuate sull’impianto tali da indurla a revocare la dichiarazione di conformità. La Ausl che non sa ma ritiene utile - «ritiene utile», non ordina, attenzione - una verifica che alla fine nessuno compie.
Dove cercare i livelli di responsabilità? Per Quirino Piacevoli, uno dei componenti della commissione di esperti del ministero della Salute che l’altro ieri hanno compiuto un’ispezione nell’ospedale di Castellaneta, i livelli sono almeno cinque. Tutti riconducibili al capitolo «distrazione e superficialità». Quello che è certo, secondo l’esperto, è che il protossido d’azoto non avrebbe dovuto essere presente nell’unità di terapia intensiva coronarica. Punto.
Ma non avrebbe, quella lettera di Ossitalia, dovuto far suonare un campanello d’allarme? Sì e no, secondo Emanuele Fisicaro, coordinatore delle due commissioni interne dell’Ausl. Secondo Fisicaro, che ha chiesto lumi al responsabile tecnico dell’ospedale, la lettera di Ossitalia faceva riferimento alla rianimazione, reparto ancora chiuso, mai inaugurato e mai attivato. «Il responsabile tecnico - aggiunge Fisicaro - mi dice e mi conferma che dal mese di marzo 2005 (data del collaudo dell’impianto, ndr) fino a ottobre 2005, non sono state mai fatte modifiche. Naturalmente lo specifica perché nel mese di marzo è stato effettuato il collaudo da parte della Ossitalia e da quei tubi usciva ossigeno». Tutti innocenti, insomma.
Il giallo dunque resta, alimentato da una buona notizia: i controlli dei Nas sui 47 impianti costruiti dalla Ossitalia sono negativi, il che significa che tutto funziona regolarmente. A Castellaneta non era così. E ci vorrà tempo, per la Procura di Taranto, prima di arrivare al bandolo della matassa. Certo la fretta giocò un suo ruolo, come parve evidente fin dalle prime battute di questa storiaccia.

Quella fretta e quelle «pressioni politiche» in vista delle amministrative di fine mese di cui parlano ora i parlamentari pugliesi di Forza Italia che chiedono al ministro Livia Turco di accertare in quale data e da chi vennero effettuati i collaudi sull’impianto di Castellaneta. E già che ci siamo, «chi, quando e quanto tempo prima dell’apertura del reparto ha effettuato il controllo finale sulla emissione di gas dai tubi».

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