Morto il campionissimo di scacchi Bobby Fischer

L'unico re degli scacchi a stelle e strisce della storia è morto in esilio, a Reykiavik, bandito dagli Stati Uniti per la rivincita del mondiale giocata in Jugoslavia nel 1992. Era nato nel 1943. Conquistò il titolo nel 1972 battendo Spassky

Morto il campionissimo 
di scacchi Bobby Fischer

Reykiavik - Istrionico e folle. Geniale, di quel genio cattivo, quasi antisociale. Bobby Fischer, anzi Robert James Fischer, giudicato quasi unanimemente dagli esperti di scacchi il più grande campione della storia, è morto martedì a Reykiavik, in Islanda, dove viveva in esilio dalla fine del 2004. Fischer era nato nel 1943 a Chicago. Dopo un'infanzia passata da solo con la madre e la scoperta degli scacchi, dopo la lettura di un manuale da autodidatta, Bobby trova il suo rifugio nella scacchiera. Cacciato dal college grazie al gioco riesce ad avere successo. La sua è una scalata lenta fino al campionato del mondo vinto, proprio a Reykiavik, nel 1972 in una mitica sfida contro il russo Boris Spassky. Fu quello il punto più alto di tutta la sua carriera, tanto da entrare nel mito: primo re degli scacchi in un albo d'oro di soli russi. Prima e dopo di lui.

Il gran rifiuto Fischer resta campione fino al 1975, quando doveva rimettere in palio il titolo contro Anatoly Karpov. Ma, a causa di divergenze sull'applicazione del regolamento con la federazione internazionale, Bobby sceglie di non giocare. E si eclissa. Per quasi vent'anni. E' nel 1992 che ricompare, con Boris Spassky, per giocare una partita in due tempi, il primo a Sveti Stefan, in Montenegro, il secondo a Belgrado, nella Jugoslavia insanguinata dal conflitto tra le etnie. "Partita della pace", "La rinvincita del campionato del mondo". Si sono usate tante definizioni. Gli Usa, che hanno messo l'embargo a Sarajevo, vorrebbero spostare la sede. Qui si consuma la fine del rapporto tra Fischer e il suo Paese. Lo scacchista sputa su un foglio di divieto del dipartimento di Stato e diventa "persona non grata". Dopo la partita, vinta, naturalmente, trent'anni di silenzio.

Giappone Fischer torna d'attualità a luglio 2004. Arrestato all'aeroporto di Tokyo per "passaporto irregolare". Viene messo in carcere. Spassky, l'avversario che non l'ha mai abbandonato, fa un appello a Bush: "Presidente sono colpevole con lui per quella partita in Jugoslavia. Metteteci in cella insieme e dateci una scacchiera". Preghiera inascoltata.

L'amministrazione Usa, forse, aveva studiato bene la frase di Spassky su Fischer: "Quando giochi con Bobby il problema non è vincere o perdere, ma sopravvivere". Gli Stati Uniti, dopo nove mesi di carecre, lasciano che prenda il passaporto islanedese e si nasconda a Reykiavik. L'unico posto in cui Fischer abbia mai vinto davvero.

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