Morto Pintacuda, il gesuita che «guidò» Palermo

Il suo ex pupillo non andrà al funerale. Gelide le condoglianze

Morto Pintacuda, il gesuita che «guidò» Palermo

Mariateresa Conti

da Palermo

Si è spento sabato notte, stroncato da problemi cardiaci e respiratori. E con lui è andato via anche un pezzo di storia politica di Palermo. Perché padre Ennio Pintacuda, 72 anni, teologo e gesuita, la storia della città, quella che ha visto Palermo, nell'ultimo scorcio degli anni Ottanta e all'inizio degli anni Novanta, diventare un laboratorio politico all'avanguardia, l'ha vissuta in prima linea, da protagonista: è stato lui l'ideologo di movimenti storici della società civile - vedi Città per l'uomo - poi sfociati nella Rete che hanno sancito la rottura con la politica tradizionale; lui il teorizzatore del sospetto come anticamera della verità, per la moralizzazione di una politica inquinata dalla mafia e dalle collusioni; lui il «creatore» del fenomeno Leoluca Orlando, l'artefice della sua rottura con la Dc e della svolta a sinistra, poi sfociata nella stagione della cosiddetta stagione della Primavera; e ancora lui, deluso dal suo «pupillo», uno dei principali nemici dello stesso Orlando.
Laureato in teologia all'Università gregoriana di Roma, specializzato in sociologia politica a New York, padre Pintacuda aveva quasi il dono della profezia. Amava definirsi «osservatore sociale». E osservava bene, se si pensa alle tante sue intuizioni che hanno finito poi con l'avere la conferma della storia, dalla «rivoluzione giudiziaria», da lui teorizzata ben prima di Tangentopoli e dei grandi processi di mafia, al declino del fenomeno Orlando.
Profeta autentico, però, padre Pintacuda, di quelli che non restano a oltranza legati alle proprie teorie, era riuscito ad andare oltre. Tanto da accettare, negli ultimi anni, incarichi dal centrodestra. Come quello che ricopriva da 7 anni di presidente del Cerisdi, scuola di eccellenza per la formazione politica e degli alti dirigenti degli enti locali, sede anche di master euromediterranei. Una «colpa» che la sinistra non gli ha mai perdonato.
La formazione. Un «pallino» da sempre di questo gesuita con una passione sconfinata per la politica. Inizialmente come docente al centro studi sociali Cesare Terranova, quindi come insegnante di sociologia all'istituto di formazione politica Pedro Arrupe diretto all'epoca da padre Bartolomeo Sorge, altro gesuita doc con la passione politica nel sangue con cui padre Pintacuda ruppe nel '92, quando il suo impegno nella Rete e gli eccessi di oltranzismo gli costarono la perdita della docenza. Ma padre Pintacuda continuò. E negli anni d'oro del suo tandem con Orlando si inventò a Filaga, pochi chilometri dalla sua città natale, Prizzi, vicino Corleone, una scuola che ogni anno riuniva il meglio della politica e della società civile. Che fu la culla dell'escalation di successi che nel '93 incoronarono Orlando sindaco di Palermo il 70% di consensi. Poi però qualcosa si incrinò. E la rottura arrivò pochi mesi dopo, quando Pintacuda lanciò il j'accuse contro la sua creatura, accusandolo di non essere stato capace di tesaurizzare per la coalizione il suo successo personale. Il resto è storia recente, con la presidenza della Libera università della politica e del Cerisdi.
Trasversale il cordoglio del mondo politico. «Ho ammirato in lui il coraggio intellettuale, la libertà di giudizio, l'impegno civile, l'animatore instancabile di iniziative culturali», ricorda il presidente del Senato Marcello Pera. Per Salvatore Cuffaro, governatore della Sicilia «in anni difficili ha fornito un contributo di riflessione utile al formarsi di una coscienza civile e democratica». E Achille Occhetto, in quegli anni segretario del Pci: «Con lui scompare il principale artefice della Primavera di Palermo che ha segnato una svolta nella coscienza collettiva». Per il ministro degli Affari regionali Enrico La Loggia la scomparsa del gesuita è «una grandissima perdita, per la sua capacità di intuire soluzioni su problemi molto complessi».

Da Leoluca Orlando, che ha già annunciato che non visiterà la camera ardente e non parteciperà ai funerali che si svolgeranno oggi nella chiesa di Casa Professa, appena poche righe: «Resterà in me sempre vivo il ricordo di un periodo passato di impegno comune che da tempo, però, si era interrotto». E che neanche la morte, evidentemente, ha ricucito.

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