La mossa di Berlusconi: far slittare il referendum per finire la legislatura

RomaSulla questione referendum - almeno pubblicamente - Silvio Berlusconi non s’è ancora espresso. Come non una parola è arrivata da Umberto Bossi. Con i suoi, però, l’argomento è oggetto di dibattito ormai da molti giorni per diverse ragioni. Non solo perché la Lega sta premendo per andare al voto nella primavera del 2012 e disinnescare così la consultazione referendaria ma anche perché se davvero dovessero vincere i «sì» (risultato dato al momento per scontato) il sistema di voto si ribalterebbe completamente. Si tornerebbe, per capirci, al Mattarellum. Con collegi uninominali per il 75% dei seggi e liste proporzionali per il restante 25. Addio, insomma, ai parlamentari «nominati». Questione che preoccupa molti nel Pdl (ma anche nel Pd), visto che buona parte della classe dirigente cresciuta in questi ultimi anni non s’è mai confrontata in sfide «dirette» sul territorio.
Di qui il pressing sul Cavaliere. Perché è necessario «intervenire» prima che si voti il referendum (che sarà convocato in una data tra il 15 aprile e il 15 luglio). Lo dimostrano anche le parole di Roberto Maroni che ieri ha commentato il milione e passa di firme depositate in Cassazione definendolo «un segnale forte che va ascoltato». «Penso - ha aggiunto - che si debba procedere al referendum». Un’uscita, secondo molti dirigenti del Pdl, che ha l’obiettivo di «strappare». Un po’ perché sull’argomento il Carroccio non s’era ancora espresso, un po’ perché è chiaro che la legge elettorale che uscirebbe fuori dal referendum non favorirebbe il centrodestra né l’alleanza strategica tra Pdl e Lega. Oltre a segnare inevitabilmente la fine della Seconda Repubblica visto che il Mattarellum manderebbe negli archivi sia il bipolarismo che l’indicazione diretta del premier.
Chiaro, dunque, che a Berlusconi l’idea non piaccia. Ed è per questo che nei giorni scorsi - in uno dei tanti incontri con Angelino Alfano e i vertici del partito - ha dato il suo placet a rimettere mano alla legge elettorale così da disinnescare il referendum. Con la consapevolezza, però, che nel dibattito che si aprirà nei prossimi mesi sulle diverse soluzioni possibili ci sarà molta ammuina. Perché, spiega Osvaldo Napoli, «nutro forti dubbi» sul fatto che si riesca davvero riformare il sistema di voto in Parlamento. Roberto Calderoli ha già buttato lì il suo timing per incastonarla fra la prima e la seconda lettura della riforma costituzionale. Ma che ci si riesca davvero e in poco più di sei mesi in un clima di scontro come quello che c’è da oggi tra maggioranza e opposizione non ci crede nessuno.
Si discuterà a lungo di riforma elettorale, ma le chance che le Camere ne approvino davvero una sono quasi pari a zero. Ecco perché anche nel Pdl c’è chi insiste per andare al voto nel 2012, con l’attuale legge che garantirebbe certamente più seggi e dunque più possibilità agli uscenti di essere rieletti.
Il Cavaliere pare la veda diversamente, convinto di voler andare avanti fino alla fine della legislatura. L’importante, dunque, è che il referendum o l’eventuale nuova legge elettorale, se mai si farà, arrivino il più possibile a ridosso dell’estate. Così da chiudere la finestra del voto anticipato.

A quel punto, scavallata l’estate, è molto improbabile si vada al voto a novembre (cosa mai successa in Italia). E il governo a quel punto potrebbe andare avanti fino alla scadenza naturale della legislatura nella primavera del 2013.

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