Dicono che Casini si senta quotidianamente con Angelino Alfano. Prove tecniche di dialogo, puntando anche sul fattore generazionale. Ma dialogo non necessariamente vuol dire riavvicinamento. Casini in questo momento cerca di incunearsi dentro le contraddizioni della coalizione Pdl-Lega. S’è visto come è andata in questi giorni: Bossi ha gentilmente definito uno «str...» il leader dell’Udc e Casini ha accolto il garbato complimento fregandosi le mani.
Subito dopo, l’Udc ha provato a rilanciare sul filo della provocazione con un’offerta indecente al Cavaliere: i voti dei centristi per la manovra in cambio di un colpo secco di forbice sul cordone ombelicale che porta alla Lega. Fiction. Ma anche sale sulle ferite della pancia moderata del Pdl che fatica a capire le ultime evoluzioni del capo della Lega, senza contare il disagio - come dire? - estetico, davanti alle ruspanti performance del Senatur: dagli insulti alle pernacchie. Bossi difende le pensioni e dalle parti dell’elettorato di centrodestra è tutto un mal di pancia; Bossi vuole salvare le province e l’elettore berlusconiano sgrana gli occhi perplesso, e così via di questo passo. Allora che cosa propone Pierfurby?
Eccolo pronto a sforbiciare i privilegi legati alla previdenza e a fare un solo boccone delle contestatissime province. È un po’ un gioco a far saltare i nervi e a rincorrere gli elettori, sullo sfondo di quel che accadrà al traguardo della legislatura, se ci si arriverà, nel 2013. Sopravviverà il Terzo polo al marasma di questi giorni? Qualche settimana fa pareva che l’unione fra Casini, Fini e Rutelli fosse in grave difficoltà, ma ora i terzisti tornano a guardare con speranza al futuro. Certo, l’alleanza è sempre a rischio scomposizione e il Fli è più strabico degli altri partner, con una parte che vorrebbe tornare nell’alveo berlusconiano, e una frangia che si colloca più a sinistra dell’Italia dei valori. Ma i sondaggi più recenti, per quello che possono valere, fanno balenare numeri interessanti: la triade Fini-Casini-Rutelli sarebbe sopra il 10 per cento in almeno quindici regioni. Per carità, si tratta di proiezioni estive, ma la tentazione dell’autosufficienza è sempre più forte.
Casini è convinto che la sua posizione di stallo al centro alla fine possa pagare, con o senza una nuova legge elettorale, per ora solo evocata. L’Udc cerca di far sapere all’opinione pubblica che le sue posizioni, per esempio sul tema delle pensioni, sono in linea con l’Europa e sono meno conservatrici di quelle di Bossi. Il resto è tattica nell’attesa che il sipario si alzi sul futuro. Un futuro in lista d’attesa: tutti i giorni è lì lì per venire e alla fine è sempre rimandato. Le previsioni dei centristi sono le stesse di tanti altri: Berlusconi governerà, salvo catastrofi finanziarie, fino alla fine della legislatura. Dunque, fino al 2013 non succederà niente. E allora il dialogo serve per costruire scenari che verranno buoni, se verranno buoni, dopo le elezioni. Intanto, l’Udc continua ad accreditarsi come il partner naturale del Pdl, più della Lega ripiegata su se stessa. I parlamentari legati a Casini vorrebbero lasciare le loro impronte digitali su qualche riforma importante, ma non per questo rinunciano a soffiare sul fuoco dell’asse Bossi-Berlusconi. Se saltasse tutto, se il tandem fra il Cavaliere e il Senatur dovesse saltare, allora Casini potrebbe anche rivedere i suoi veti all’ingresso nel governo. Ma si tratta di fantascienza o poco più e in realtà l’Udc si attrezza, in vista delle elezioni che arriveranno nel 2013. Alle conversazioni con Alfano fanno pendant quelle con Bersani; Casini si tiene in bilico e incastra il suo polo fra gli altri due.
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