Una "mostra olimpica", altro modo di definire il progetto espositivo realizzato dalla Fondazione Luigi Rovati nel suo museo di corso Venezia non c'è. Entri e nell'atrio trovi la tuta blu bianca e azzurra indossata e autografata da Alberto Tomba, al piano nobile c'è la canotta gialla con cui Usain Bolt ha bruciato i 100 e i 200 metri, accanto alle Nike di Michael Jordan, poco distante la borsa vintage dei Giochi di Roma del 1960 e poi ancora si scorgono un'infilata di torce olimpiche, tra cui quella di Pininfarina per i Giochi di Torino nel 2006 e tanti altri pezzi dall'alto valore simbolico. Ne citiamo due: le scarpe da corsa di Nawal El Moutawakel, pima campionessa olimpica araba (Olimpiade di Los Angeles, 1984) e i guantoni da box del leggendario barone Pierre de Coubertin, fondatore delle Olimpiadi moderne. In mezzo a questo modernariato sportivo, brillano antichi reperti tra cui una tomba etrusca, per la prima volta ricostruita nella sua interezza. Eccola qui, la grande mostra olimpica che la città si merita in occasione dei Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali Milano Cortina 2026: "I Giochi Olimpici. Una storia lunga tremila anni" è un viaggio affascinante tra passato e presente per ragionare sui valori dei giochi atletici dall'antichità ad oggi (fino al 23 marzo).
Realizzata in coproduzione con il Museo Olimpico e con il Musée cantonal d'archéologie et d'histoire di Losanna, curata da Anne-Cécile Jaccard e Patricia Reymond, Giulio Paolucci e Lionel Pernet, è scandita in cinque sezioni. Utilissimo il libretto-guida, disponibile all'ingresso, per seguire un percorso che si muove per libere e azzeccate associazioni. Si comincia nell'atrio con i cimeli olimpici, nella sala azzurra del piano nobile s'indaga la figura dell'atleta tra recipienti per unguenti d'un tempo, attrezzi dai ginnasi greci e delle palestre etrusche, antichi balsami in dialogo con le tenute sportive di oggi e creme per l'indolenzimento muscolare. In Sala Ontani (che deve il suo nome agli strepitosi dipinti di Luigi Ontani su fondo pervinca) troviamo i simboli delle competizioni di un tempo e di oggi, tra giavellotti moderni e anfore a figure nere e rosse, il disco antico di Vulci accanto a quello di Los Angeles. E così via tra corsa, salto in lungo, lancio del giavellotto, equitazione, pugilato: il dialogo tra antico e moderno, tra oggetti di scavi e cimeli del Novecento, è avvincente. Se al suggestivo piano ipogeo troviamo gioielli delle premiazioni di ieri (come un diadema del III secolo) e un trofeo ideato da Fabergé per le Olimpiadi di Anversa nel 1920, il cuore della mostra è al piano nobile: qui la Sala Paolini è stata trasformata per accogliere preceduta da un superlativo dipinto di Mario Schifano sul tema dell'agonismo - l'etrusca "Tomba delle Olimpiadi", così chiamata perché scoperta a Tarquinia proprio durante le Olimpiadi di Roma del 1960. Per la prima volta possiamo ammirarla fuori dal parco archeologico dove è protetta: entrare in questo ambiente, tra i dipinti misteriosi dei fregi (vediamo ad esempio banchetti con danzatori nudi e topolini, simboli di lussuria) è un'esperienza da non perdere.
L'aveva annunciata la presidente della Fondazione Luigi Rovati, Giovanna Forlanelli, che da sempre si distingue per la capacità di costruire alleanze ideando mostre che intrecciano i saperi: "Spero sia visitata da tante persone" ha detto. Non abbiamo alcun dubbio: è la mostra di questa stagione olimpica alle porte.