A essere premiata è stata la fotografia che ha rappresentato il contatto con la terra. Siamo anche figli di questa madre e talvolta lo dimentichiamo. Si chiama "Terrestre" l'opera dell'artista italo-senegalese Binta Diaw che ha partecipato a un progetto di Conai, Consorzio nazionale imballaggi a cura di Spazio Taverna fondato da Ludovico Pratesi e Marco Bassan. L'iniziativa è Arte Circolare e per il quarto anno trova casa alla Triennale. Fino al 6 gennaio si potranno ammirare le opere dei dieci artisti under 35 che hanno partecipato al Premio: partendo dai temi del riciclo e della tutela ambientale ci mostrano come dagli scarti e dalle fragilità del presente possano nascere nuove visioni del mondo.
La vincitrice, Binta Diaw, ha conquistato il premio con questa motivazione: "L'opera fotografica riflette sul legame circolare tra l'essere umano e la terra: il corpo dell'artista, fotografato come se emergesse dal suolo, rende visibile questa relazione. In un bianco e nero essenziale, questa posa sacrale, diventa un invito a riscoprire con cura il nostro rapporto di sopravvivenza reciproca con la natura". Alla mostra sono esposti i lavori di: Giovanni Chiamenti (Verona, 1992), Valerio D'Angelo (Roma, 1993), Binta Diaw (Milano, 1995), Bekhbaatar Enkhtur (Ulaanbaatar, 1994), Giulia Mangoni (Isola del Liri, 1991), Ginevra Petrozzi (Roma, 1997), Agnes Questionmark (Roma, 1995), Matilde Sambo (Venezia, 1993), Luca Staccioli (Imperia, 1988), Wang Yuxiang (Anhui, 1997). Gli artisti riflettono da tempo sulle questioni ambientali più urgenti, portando all'attenzione del pubblico le sfide da affrontare per uno sviluppo sostenibile, sfide che oggi chiedono sia consapevolezza sia nuove forme di immaginazione.
Ogni opera è realizzata con tecnica diversa, con un'attenzione per la dimensione simbolica, intesa come visione aperta verso un mondo futuribile complesso ma ricco di stimoli. Giovanni Chiamenti esplora il dialogo tra storia geologica e futuro antropico, dove l'impatto umano trasforma i processi naturali di fossilizzazione, mentre il quadro di Giulia Mangoni celebra la circolarità dello sguardo, dove idee e parole si incrociano e si riciclano.
Le opere di Bekhbaatar Enkhtur suggeriscono un movimento continuo tra pieno e vuoto e ogni traccia genera la successiva in un flusso senza interruzioni. Wang Yuxiang rigenera materiali di scarto in organismi luminosi, custodendo la memoria della natura e riflettendo sulla possibilità di continuità tra ciò che nasce, si consuma e si trasforma.