Mourinho tace? Gli altri non hanno niente da dire

Alla vigilia della gara con il Napoli il tecnico dell’Inter è rimasto in silenzio, ha snobbato i cronisti ed ha preferito seguire la squadra Primavera I suoi colleghi si sono esibiti nel solito festival di banalità: "Gioca chi sta meglio", "Sfruttiamo le nostre qualità"

Mourinho tace? Gli altri non hanno niente da dire

nostro inviato ad Appiano Gentile

Orca, non parla. Quelli che gli vogliono un bene esagerato dicono che non parla per evitare un aumento di pena. Gli altri, percentuale in minoranza, dicono che si è autosqualificato per non dover star lì a commentare nuovamente la sua espulsione e i cori di Cagliari. Comunque Josè non parla, niente canonica conferenza stampa prepartita ad Appiano Gentile, non ha messo neppure dentro il naso come fa di solito quando al banco ci va uno dello staff. Niente. Ha atteso che la stampa lasciasse il centro poi si è fatto a piedi quei duecento metri che portano al campo di allenamento della Primavera, si è attaccato alla rete come uno studente che bigia ed è rimasto lì una ventina di minuti a guardare se trovava un altro Santon in circolazione.

Più o meno alla stessa ora, diciannove suoi colleghi erano sotto tiro della stampa. Chissenefrega se Josè Mourinho non parla, ha pensato qualcuno, un titolo arriva sempre. Proprio domenica un’autorevole firma, di quelle in genere composte e gradevoli nella lettura, durante un intervento radiofonico aveva liberato tutto il suo sconforto e tutta la sua personalissima delusione verso un personaggio che gli era ormai definitivamente sgradito: «Ho benedetto l’arrivo di Mourinho perché ci avrebbe dato un titolo al giorno. Ora non ne posso più».

Mentre Josè era attaccato come un panda alla rete del campo di allenamento della Primavera, Ranieri Claudio scaricava la sua bomba alla vigilia di Palermo-Roma: «Chi riesce a seguirmi sta con me. Gli altri no». Una linearità che lascia basiti. Cosa abbia indotto il tecnico che cerca legionari in ogni vicolo della Capitale a diffondere un pensiero così leggero ed esaustivo, non è compito semplice. Walter Zenga, colpito negli affetti, ha subito replicato: «Contro la Roma gioca chi sta meglio». Sembrano scollegati ma è come se i due si fossero telefonati prima, scambiandosi le formazioni. Quella della Roma sarà formata da quelli che riusciranno a intercettare il loro allenatore e mettersi in scia. Walterone ha replicato che farà altrettanto, va via dritto, i primi che lo raggiungono sono quelli che stanno meglio e avranno una maglia. Pareggeranno.
Anche Davide Ballardini ha voluto dare un segnale forte alla vigilia di Lazio-Parma: «Attenzione al loro entusiasmo», ha detto in conferenza stampa e poi ha guardato in faccia gli astanti, convinto di aver fatto centro. Francesco Guidolin, tecnico del Parma, non è riuscito a frenarsi davanti a una simile provocazione, una replica durissima: «Sfrutteremo le nostre qualità - ha detto abbastanza serio -, e tenteremo di non esaltare le loro». Conoscendo l’uomo è una dichiarazione forte, è come se avesse voluto dire: li facciamo fuori se loro non fanno fuori prima noi. Pareggiano.

Cesare Prandelli con la sua Fiorentina, dopo la legnata dell’Olimpico, riceve la Samp prima in classifica. Chissà cosa gli sta bollendo dentro, chissà che strigliate al gruppo. Ma ora finalmente c’è la grande occasione per far pace col pubblico e i Della Valle, ci vuole la scossa: «Mi aspetto una grande reazione - ha detto -. I ragazzi sono vogliosi di ricominciare». Dai, sono sciabolate che lasciano il segno. Come quella di Russo Vittorio, neo allenatore del neo promosso Livorno di Spinelli, uno che sa scegliere i suoi sottoposti. Spazientito ed esasperato da quanto si sente ripetere da ormai quattro giornate di campionato, il tecnico del Livorno si è lasciato andare: «Adesso basta con i complimenti. È ora di fare anche i punti». Una riflessione che nessuno si aspettava e che a Livorno prendono con le pinze.

Fateci voi un titolo con questo rumore dei nemici, così come lo ha chiamato il vecchio Josè. Il suo prossimo avversario però non si è disunito, è sulla punta della panchina e lo danno già per strangolato da De Laurentiis: «Non è questa la partita ideale per fare esperimenti», ha confessato Roberto Donadoni.


A quell’ora Josè era già rientrato dalla sua visita alla Primavera, riempito di appunti un altro dei suoi block notes a strisce nerazzurre e stava meditando come riuscire a far parlare ugualmente di sè la prossima volta che verrà espulso. Ieri in silenzio ha dato il titolo migliore.

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