Cultura e Spettacoli

Mozart diventa un dandy degli anni Venti

SpoletoCi sono certi testi che sembrano fatti apposta per certi registi. Chi altri, se non Pier Luigi Pizzi - il più elegante fra i nostri creatori teatrali - e in quale altra occasione, se non nel rinato Festival di Spoleto, poteva (l’altro ieri sera) tirar fuori dal dimenticatoio Mozart? Questa rara «commedia musicale», che Sacha Guitry scrisse nel 1925, e che Visconti predilesse ha un gusto talmente sofisticato e spumeggiante da calzare all’insuperabile gusto di Pizzi come una mano al guanto. L’idea è semplice. Raccontare un viaggio a Parigi del ventiduenne Amadeus, libero dal controllo del padre, e scatenato nel comporre musica e sedurre donne. Lo stile, però, è simile a quello d’un «pastiche» mondano in stile art déco; e in questo senso l’interpreta Pizzi, trasportando la scena salottiera dal 1700 del musicista al 1920 dello scrittore, stilizzandola con sopraffina capacità di sintesi in pannelli floreali bianchi e neri e sontuosi costumi dai colori squillanti.
Solo Mozart, icona inalterabile, indossa una «inquartata» rosa d’epoca; e come nell’originale, interpretato dalla moglie di Guitry, è qui affidato all’adolescenza femminile della vivace Sophie Haudebourg. Due incongruenze che, invece di stonare, rendono l’assieme ancor più estroso. Il tutto sostenuto dalla gradevole musica di Reynaldo Hahn, arie e duetti morbidamente eseguiti dall’orchestra J. Futura, diretta da Jean-Luc Tingaud, e spiritosamente coreografati da Gheorghe Iancu, che trasforma un minuetto in Charleston. Memore della lezione di De Lullo Pizzi imprime all’elegante team di attori-cantanti una recitazione ironica: il signorile Jean Sorel e la briosa Adrien Melin su tutti, concertandoli, in atmosfere allusive e suadenti. Il risultato è un divertissement per un pubblico colto ma senza snobismi, che riecheggia Goldoni, Marivaux e Wilde, senza mai tradire Mozart o l’immagine che di lui si aveva negli anni Venti, quella del divino «enfant prodige». Accanto ad un umorismo di marca francese, Pizzi inserisce velature di una malinconia decisamente mozartiana: come nei turbamenti amorosi del giovane Amadeus che, fra smanie e languori, fatalmente ricorda il Cherubino delle Nozze di Figaro.

E che, in questo suo desiderio di essere «soprattutto amato», suscita più tenerezza che ammirazione.

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