Mps, la Fondazione prepara 3 miliardi

da Milano

La Fondazione Mps è pronta a sborsare 3 miliardi per accompagnare Monte Paschi nell’acquisto di Antonveneta così da mantenere inalterata la propria presa sulla banca (58% del capitale). Siena non prevede alcuna «diluizione significativa, meglio ancora se non ce ne saranno», ha precisato ieri il presidente dell’ente senese, Gabriello Mancini correggendo la linea più possibilista tenuta nelle scorse settimane.
Tanto che Palazzo Sansedoni ha già avviato le procedure con il Tesoro per ottenere il necessario via libera a fare appieno la propria parte all’assemblea di Mps del 6 marzo. Quando il presidente Giuseppe Mussari chiederà ai soci 5 dei 9 miliardi necessari per rilevare Antonveneta dagli spagnoli del Santander.
La Fondazione Mps spenderà complessivamente 2,95 miliardi, di cui 2,45 miliardi per «coprire» la propria quota di azioni ordinarie (48,8%) e altri 500 milioni per le privilegiate. L’impegno può essere interpretato anche come il tentativo della Fondazione di spronare un mercato già dubbioso verso i multipli dell’operazione Antonveneta già prima che la crisi dei mutui subprime devastasse i mercati finanziari internazionali.
Mancini, dopo aver confermato la propria fiducia «sul valore» dell’acquisizione dell’ex popolare padovana, si è infatti «augurato» che tutti facciano la propria parte, a partire dai grandi soci storici. «Stando alle dichiarazioni, mi sembra che ci sia un’accettazione quasi totale», ha proseguito il top manager ma in realtà è probabile che Unipol (cui fa capo poco meno del 2% del capitale) colga l’occasione per rompere definitivamente un sodalizio ormai compromesso, come dimostra la stessa intenzione di Mps di lasciare Finsoe.
Non dovrebbe, invece, far mancare il proprio appoggio Unicoop Firenze che sarebbe pronta ad arrotondare la propria quota dal 3% attuale al 4 per cento. In ogni caso, ha già sciolto le proprie riserve Francesco Gaetano Caltagirone - l’imprenditore romano è il primo socio privato di Mps - così come è dato per scontato il sostegno di Axa e della Carlo Tassara di Romain Zaleski; entrambe considerate in procinto di portarsi al 4%. «La Fondazione ha risorse necessarie per coprire l’intero importo», ha assicurato il direttore generale Marco Parlangeli, ma l’esborso è gravoso: l’ente ha 3,5 miliardi di patrimonio disponibile, di cui 2,6 miliardi affidati a gestioni esterne.
Ecco perché Palazzo Sansedoni sta studiando con i consulenti di Jp Morgan, Credit Suisse e Banca Leonardo un piano di dismissioni. Dal quale resterà però escluso il legame con Mediobanca (1,9% del capitale) considerato «strategico» da Siena così come quello in F2I, il fondo per le infrastutture affidato a Vito Gamberale.


La Fondazione potrebbe invece decidere di vendere lo 0,4% di Intesa Sanpaolo, ma il momento di Borsa non sembra dei più opportuni. Confermata, infine, per il 2010 la quotazione della controllata immobiliare Sansedoni che potrebbe decidere un aumento di capitale, magari per assorbire parte del «mattone» ceduto dal Monte Paschi.

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