Mubarak cede: «A settembre mi ritiro»

Il CairoIl regime comincia a crollare sotto la pressione della piazza. Hosni Mubarak, la faccia grave, ha annunciato ieri alla televisione di Stato egiziana che non si ricandiderà alle elezioni di settembre. E che aprirà il dialogo con le opposizioni. Mubarak ha assicurato un passaggio di potere pacifico a chi sarà scelto dal popolo. «Ho sempre lavorato per questo Paese e continuerò la mia vita, fino alla morte su questa terra», ha aggiunto anticipando che la Costituzione sarà modificata sulla durata del mandato presidenziale e il potere dell’esecutivo. Il faraone tiene duro, facendo concessioni ma rifiutandosi di lasciare il potere, come invece chiede la folla. «Via domani», hanno gridato i manifestanti ancora in strada dopo il suo discorso. Era impossibile per il rais ignorare l’enorme protesta di ieri. Migliaia di persone si sono riversate nel centro del Cairo. I manifestanti sono sempre più organizzati e motivati, decisi a restare in strada fino a quando il presidente cederà il potere. Hanno montato amplificatori per diffondere musica popolare; c’è chi è arrivato con una chitarra; chi distribuisce datteri secchi, panini, acqua. I numeri della protesta hanno dato un colpo fatale a Mubarak: 200mila persone, dicono alcune fonti, due milioni per Al Jazeera. «Siamo tre milioni», ha gridato ieri al microfono un manifestante tra gli applausi.
Per l’opposizione egiziana l’annuncio di ieri non basta. I leader dei movimenti hanno già parlato alle televisioni. Andranno avanti nonostante l’Egitto sia fermo, internet sia ancora bloccato, le banche, la Borsa, gli uffici pubblici, le scuole, restino chiusi, i turisti siano in fuga. Ma i toni patriottici di Mubarak, che ha parlato della sua storia, del suo passato nell’esercito in difesa dell’Egitto, delle sue responsabilità al servizio del Paese, avranno un effetto su parte della popolazione che ha voglia di tornare alla normalità, dice Issandr El Amrani, analista. «Per la piazza ora diventa più difficile». Eppure la folla è stata chiara: se prima chiedeva la fine del sistema, ora vuole la fine di Mubarak. L’immaginazione dei manifestanti si sbizzarrisce contro il presidente nei modi più creativi. «Se non capisci l’arabo, te lo scriviamo in cinese», dice uno striscione con alcuni finti ideogrammi: «Vattene». «Mubarak, l’aereo ti aspetta». E l’ultimatum lanciato due giorni fa da Mohammed ElBaradei va nella stessa direzione: «Mubarak deve andare via entro venerdì». E ancora: «Dovrebbe essere processato, quindi se vuole salvarsi deve lasciare», ha detto all’Independent. Il premio Nobel per la Pace è l’uomo scelto dalle opposizioni per rappresentarle in eventuali negoziati con il regime. Il nuovo vice presidente Omar Suleiman, nel tentativo di arginare il dissenso, ha invitato la piazza a trattare. E l’imam di Al Azhar, la più importante istituzione dell’islam sunnita, controllata dal governo, ha chiesto alle opposizioni di accettare il dialogo.
Pochi giorni fa anche il movimento dei Fratelli musulmani ha annunciato di sostenere ElBaradei. Il gruppo islamista, fuorilegge nel Paese ma tollerato, dopo aver mantenuto un basso profilo nelle prime manifestazioni è sceso definitivamente in piazza. «Tutto il popolo adesso è in strada, è naturale che ci siano anche i Fratelli musulmani - ha detto al Giornale uno dei leader del gruppo, Mohammed Al Baltagui -. Questa è una rivoluzione popolare, non islamica». La presenza della Fratellanza sulla piazza è visibile: fino a qualche giorno fa durante le proteste erano poche le persone che si fermavano a pregare. Ieri la chiamata del muezzin è stata accolta da centinaia di fedeli. I Fratelli musulmani sfruttano la loro capacità organizzativa: assieme alle altre forze della piazza hanno realizzato un servizio di sicurezza e distribuzione di cibo assieme ai sostenitori di ElBaradei e altri. Sally Moore, 32 anni, di origine irlandese, è un’attivista del gruppo del premio Nobel. Spiega che i comitati di sicurezza sono organizzati da tutte le opposizioni. Ci sono anche i Fratelli musulmani, «la loro presenza alle manifestazioni è aumentata, ma non lasceremo che mettano la loro etichetta sulle proteste».


Per ora, la Fratellanza sta lavorando con il resto dell’opposizione per formare un’istituzione che possa creare connessioni fra le diverse anime della protesta, dice Mohammed Sharaf El Din, 30 anni, membro della Fratellanza fino al 2006. E secondo i leader del Fronte nazionale democratico, uno dei partiti anti-regime, esiste già un comitato che raggruppa dieci membri di diversi movimenti. Che, dopo le parole del rais, dovrà mettersi subito al lavoro.

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