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Mubarak sacrifica il figlio ma ai ribelli non basta. Oggi un milione in piazza

Il Cairo - La formazione del nuovo governo non ha calmato la piazza del Cairo. Dopo sette giorni di proteste, oggi è stato proclamato uno sciopero generale. Le opposizioni sperano di portare in strada oltre un milione di persone. Se così fosse, il traballante regno di Hosni Mubarak rischia di essere travolto definitivamente dal dissenso popolare. Ieri gli egiziani hanno ascoltato la lista dei ministri del nuovo governo. Mubarak ha dovuto fare concessioni. Ha eliminato il ministro dell’Interno, Habib Al Adly, detestato dalla popolazione. Il rais sacrifica alla piazza persino il suo delfino Gamal. Nel nuovo governo non siede infatti più quella «nuova guardia» vicina a suo figlio. Nell'ultimo decennio si era occupata delle liberalizzazioni: questa élite economico-politica infastidiva gran parte della popolazione. Tra gli uomini vicini a Gamal c'è il ministro delle Finanze uscente, Yussef Boutros-Ghali. La mossa vuole anche dimostrare che non esiste più il rischio di una successione in stile monastico. E sui giornali di stato egiziani, è stata pubblicata una lettera del presidente. Il rais sembra prendere le distanze da quelle misure economiche messe in piedi dalla squadra di Gamal, che hanno rafforzato l'economia ma creato un divario troppo importante tra ricchi e poveri. Auspica «nuove politiche economiche» che tengano conto delle sofferenze della popolazione.

Le parole del presidente arrivano troppo tardi per calmare la piazza, pronta oggi a sferrare un colpo fatale al regime. In questa situazione di estrema incertezza, diventa cruciale il ruolo e la posizione dell’esercito, nelle strade dal venerdì sera. Finora il suo compito è stato quello di mantenere l’ordine in un Paese in preda al caos. E di gestire le proteste senza rischiare nuove violenze. I militari ieri hanno detto che non spareranno sulla folla, che le richieste della popolazione sono legittime. Ma non hanno mai chiaramente preso le distanze dal presidente. Mubarak, come i suoi due predecessori, è un ex militare. «L'esercito non permetterà che uno dei suoi sia umiliato pubblicamente, gli assicureranno una transizione dignitosa», spiegano gli analisti. Fin dalla loro prima apparizione sulla piazza, i manifestanti hanno accolto i soldati: «Il popolo e l'esercito sono una cosa sola», è uno degli slogan più utilizzati. Sabato la folla ha portato in trionfo sulla piazza Tahrir un giovane ufficiale. La sua fotografia era in prima pagina sul giornale indipendente Al Masri Al Youm e sulle televisioni.

Siede da giorni esausto tra i manifestanti, la divisa sgualcita: «Sono venuto in piazza come cittadino perché ho le stesse richieste del resto degli egiziani», ha detto Ehab Fathi al Giornale. I giovani salgono con le bandiere sui blindati, circondati dai soldati. «L’esercito è con noi al 100% - spiega Ahmed Mohammed, manifestante - non ha mai sparato contro i manifestanti.

Almeno finora». Gli organizzatori della protesta hanno distribuito ieri volantini di avvertimento ai soldati: se entro venerdì non decidete con chi stare, è scritto, marceremo sul palazzo presidenziale. «O con noi, o con il regime».

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