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Multati perché suonano l’inno di Mameli

Multati perché suonano l’inno di Mameli

da Roma

L’Inno di Mameli può diventare un insopportabile strumento di disturbo sonoro? Pare proprio di sì, almeno a giudicare da quanto accaduto a Ravenna sabato mattina a Stefano Cortesi Siboni, presidente territoriale di Alleanza nazionale, multato con 50 euro perché colpevole di cantare l’inno e diffondere a tutto volume slogan con il megafono contro il progetto di costruzione di un megacentro islamico nella città romagnola.
La sanzione, dai contorni surreali e destinata a lasciare dietro di sé una lunga scia di polemiche, è stata inflitta al dirigente di partito mentre quest’ultimo si trovava in un gazebo nei pressi del mercato di via Sighinolfi, assieme ad altri esponenti di An, per raccogliere firme contro la nuova moschea. Nello stesso momento c’era anche chi, con il proprio banchetto, ma, pare, con mezzi inferiori, difendeva il progetto del nuovo centro di preghiera. Tra questi Valentina Morigi, esponente di Rifondazione comunista, che dopo aver notato l’impianto di amplificazione di cui si era dotato il banchetto rivale di An e dopo una breve verifica fatta sui regolamenti, avrebbe chiesto l’intervento della polizia municipale. Detto, fatto. Nel giro di pochi minuti, tra l’incredulità generale, i vigili hanno fatto scattare la multa. L’articolo violato - si legge sul verbale - è il 138 del regolamento di polizia municipale, quello che vieta di disturbare in qualsiasi modo il normale svolgersi del mercato e, più precisamente, «impedisce di vociare, arrecare molestie o incagliare la libertà delle contrattazioni».
«È un provvedimento grottesco, con cui si sfiora il ridicolo» protesta il presidente provinciale di An, Roberto Petri. «Questa mattina, mentre centinaia di cittadini continuavano a sottoscrivere con un’adesione al di là di ogni aspettativa, la petizione di An contro la concessione di un terreno pubblico per la realizzazione di una sede di culto e cultura islamica, una pattuglia della polizia municipale ha elevato un verbale al presidente territoriale di Ravenna, contestando la circostanza che veniva suonato l’Inno di Mameli». «L’amministrazione comunale di Ravenna non sa più come fermare l’ondata di protesta che viene dalla città contro le sue scelte irresponsabili. Non è un caso che già siano state raccolte cinquemila firme contro il progetto di regalare ben quattro ettari di terreno per questa costruzione. Basti pensare che la moschea di Roma si estende su un terreno di tre ettari. Una scelta così sbagliata che la stessa maggioranza cittadina si sta sfaldando e la Margherita e i repubblicani in giunta stanno facendo alcuni passi indietro. In ogni caso, se e quando arriverà la delibera, procederemo con un referendum abrogativo» avverte Petri, che ironizza: «Se ci fosse da ridere diremmo che un tale comportamento è più adeguato a una trasmissione del Gabibbo che a una città e a un Paese che si definisce democratico».
E ancora: «Denunciamo con forza l’arroganza e la stoltezza di un’amministrazione comunale la quale, in affanno politico, è arrivata a multare perfino l’Inno nazionale, applicando a noi la norma che regola la vendita nei mercati. È una cosa inaccettabile.

A quando la multa per l’esposizione del Tricolore da sostituire forse con qualche altra bandiera?».

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