Le mummie del comunismo

Quella che è passata alla storia come la "Rivoluzione d’Ottobre" fu in realtà un colpo di Stato militare, un golpe contro il primo governo e il primo libero parlamento del popolo russo, per di più di tendenze socialdemocratiche

Quella che è passata alla storia come la «Rivoluzione d’Ottobre» fu in realtà un colpo di Stato militare, un golpe contro il primo governo e il primo libero parlamento del popolo russo, per di più di tendenze socialdemocratiche. Da quel colpo di Stato nacquero stragi ed esecuzioni di massa. Il grande filosofo inglese Bertrand Russell (socialista) corse a Mosca per celebrare il mito della rivoluzione, ma Vladimir Ilich Ulianov, detto Lenin, gli fece fare un giro turistico fra i lampioni cui erano stati appesi migliaia di «borghesi». Russell, nauseato, tornò a Londra.
Già in Italia si cantava un inno che diceva «E noi farem come la Russia, e noi farem come Lenìn». Lenin aprì i primi campi di concentramento e il suo successore Stalin li moltiplicò dedicandosi anche alla produzione di carestie artificiali che portarono alla morte deliberata sei milioni di contadini. Il suo motto era: «Se c’è un uomo, c’è un problema. Niente uomo, niente problema». Gli storici russi calcolano oggi fra i venti e gli ottanta milioni i morti civili del colpo di Stato bolscevico e del suo sviluppo.
Ieri il comunista italiano Oliviero Diliberto ha così proposto di portare in Italia la mummia di Lenin che molti russi vorrebbero seppellire insieme al loro passato. Poi Diliberto ha avvertito che la sua era una battuta cimiteriale, ma ha garantito che la rivoluzione d’ottobre fu un grande evento liberatorio per l’intera umanità. L’umanità infatti, dalla Cambogia di Pol Pot alla Germania, a Cuba, Cina, Corea, non ha fatto che abbeverarsi a quella fonte di libertà da cui spillarono milioni di litri di sangue. Ebbro dunque del liquore di Dracula, l’ineffabile Diliberto si è precipitato a brindare a Josif Vassarionovic Dzugasvili, meglio noto come Stalin («Acciaio»), dalle nostre parti ribattezzato come «Baffone»: un noto criminale che distrusse il proprio esercito sterminandone gli ufficiali prima di allearsi con Hitler con cui varò la seconda guerra mondiale incamerando mezza Polonia, gli Stati Baltici e mezza Finlandia, restando però malissimo quando il suo compagno di merende di Berlino fece quel che tutti, tranne Stalin, avevano previsto e cioè invadere l’Urss devastandola.
Poi gli aiuti massicci americani e l’eroismo del soldato russo capovolsero la situazione, ma Stalin fece ammazzare in proprio non meno di un milione di innocenti, fra cui decine di comunisti italiani in esilio, esecuzioni controfirmate da Palmiro Togliatti detto Ercoli.

Diliberto ieri ha urlato di gioia per Stalin a Mosca e ha applaudito persino il messaggio del dittatore bielorusso Alexander Lukashenko. In fondo, pensiamoci, lo scambio si potrebbe fare: noi ci prendiamo l’ormai innocua salma di Lenin e in cambio gli diamo Diliberto, finalmente a casa sua.
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