La munnezza diventa film e fa il giro di tutta Europa

Oggi e domani a Liverpool, con l’Interpol della Conferenza internazionale sulla criminalità organizzata (si replica a Marsiglia). Due settimane fa a Rotterdam, con vasto pubblico attonito (voce di popolo, tra l’inferocito e il sorpreso: «Ma è Europa, questa?») e il 1° aprile, sorpresa, sarà servito a Londra, sul dorato piatto international d’un festival cinematografico d’importanza, un pesce fracico che si chiama Bel Paese. O, meglio, Biutiful cauntri, come s’intitola, con tanto di voluto e simbolico strafalcione, l’ottimo docufilm di Esmeralda Calabria, Andrea D’Ambrosio e Peppe Ruggiero, che in ottantatré minuti di tormentosa inchiesta, denunciano l’emergenza rifiuti in Campania e parlano di noi, degli italians mandati al macello, come le pecore alla diossina, come i pastori malati di tumore, come le bufale avvelenate dal percolato nell’ex Campania felix.
E se questo docufilm, così diverso, nella sua ficcante antiretorica, dalla leccata geremiade pro Africa d’un fratello Taviani minore (stiamo parlando di Forse Dio è malato, settecentomila euro spesi dall’Istituto Luce, per produrre il documentario di Franco Brogi Taviani sui mali del Continente nero, anche ispirato all’omonimo romanzo di Walter Veltroni), viene snobbato dai media nostrani («in Campania, vedevamo troupe televisive giapponesi, inglesi, tedesche, francesi, ma neanche l’ombra di quelle italiane», dice Esmeralda Calabria), le televisioni europee ora si contendono, a suon di euro, questo pugno nello stomaco d’un made in Italy, flaccido di suo. E le trattative intercorrono («sono riservate, riservatissime», sibila Lionello Cerri della Casa produttrice Lumière) con l’inglese Bbc e la tedesca Ard, con la tv spagnola e con quella francese, proprio mentre Biutiful cauntri va in tour internazionale. È ghiotta, infatti, in termini di audience, la storia del Paese, dove un tempo fiorivano i limoni («Kennst Du / das Land / wo die Zitronen / bluhen?», conosci il Paese dove fioriscono i limoni?, chiedeva Goethe nella Canzone di Mignon, alludendo alla profumata terra che la gestione Bassolino ha impuzzonito tutta) e che è ridotto a maleodorante discarica a cielo aperto da un governo sedicente amico del popolo. E le canzuncielle napoletane, che inteneriscono il cuore dei giapponesi in gita sulla Costiera amalfitana? E il fascino degli scavi, tra Pompei ed Ercolano? E la mozzarella di bufala Doc, i pomodorini rossi di Afragola, le pesche rosate di Giugliano, gli abbacchietti di Villa Literno, le pecorelle di Acerra? Tutto finito, tra interramenti illegali notturni e pozzi avvelenati: basta andarsi a vedere Biutiful cauntri, nelle sale da venerdì (come anticipato dal Giornale).
«Il gregge muore sano sano. E il popolo? More pur’iss», spiega un pastore dalla faccia arcaica, intervistato nel docufilm del trio documentarista, ormai famoso nel mondo e apparentato, almeno oggi e domani a Liverpool (insieme a Marsiglia e a Napoli, città dove la criminalità organizzata regna sovrana), con Roberto Saviano, l’autore di Gomorra. Mamma Rai, intanto, se la dorme, dopo che il popolo italiano ha decretato la morte di Sanremo e della falsa informazione.

Neanche un trouppina piccola così, che vada a domandare ai coraggiosi Calabria-D’Ambrosio-Ruggiero, gente che è dovuta scappare, inseguita dai camorristi armati, facendosela sotto, letteralmente, dalla paura di morire, lì, sul campo, con la telecamera in spalla e tanta voglia di sentirsi cittadini italiani, non feccia del Quarto mondo: scusate, come avete fatto? Neanche un compratore, da viale Mazzini, mentre Bassolino è indagato e una donna si dà fuoco, per disperazione.

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