Murdoch in tilt: uno psicologo per il clan

La parabola dello squalo: uno specialista ha partecipato agli incontri di famiglia. Tra i figli del magnate ormai è guerra aperta. Intanto Londra è sotto choc: psicosi intercettazioni, si stacca anche la batteria del cellulare

Murdoch in tilt: uno psicologo per il clan

Uno psicodramma familiare. Con tanto di seduta di agopuntura prenotata dal figlio Lachlan per papà Rupert sconvolto dallo scandalo. Con la seconda delle tre mogli dello «Squalo», Anna, che mette da parte i rancori per l’ex marito e si precipita da New York a Londra a consolare il figlio James. E con un precedente persino più drammatico - o forse esilarante -: la presenza di uno psicologo nella riunione di famiglia che un anno fa avrebbe dovuto decidere la successione al capo clan e capo del mega impero News Corp. Più che i Murdoch, sembrano i Soprano.

I dissidi in casa del magnate australiano erano cosa nota e forse anche parecchio prevedibile quando di mezzo ci sono tre mogli (Patricia per 10 anni, Anna per 32 e Wendi dal ’99 a oggi), sei figli e il secondo più vasto impero mediatico del mondo. Ma le indiscrezioni fornite da Sarah Ellison, ex giornalista del Wall Street Journal, nei suoi reportage sull’edizione in lingua inglese di Vanity Fair (l’ultimo nel numero di dicembre) svelano i retroscena di una famiglia sull’orlo di una crisi di nervi e di un Paese - il Regno Unito - così intimidito dai metodi del clan giornalistico Murdoch da temere i cellulari, anche spenti, più delle spie russe in giro per Londra.

Una grande famiglia, quella dello Squalo, lacerata dallo stress per la scelta del successore di Rupert, ormai ottantenne, già un anno fa, quando tutto sembrava giocare a favore di James, oggi a capo di News Corp. Asia ed Europa. Già allora - poco prima dello scorso febbraio - era stato necessario l’intervento di uno psicologo per portare avanti le discussioni tra Lachlan ed Elisabeth, figli di secondo letto di James, e la «sorellastra», nata dal primo matrimonio di Rupert, Prudence. Pensate a cosa è successo quando a luglio lo scandalo sulle intercettazioni illegali di News of the World è esploso nelle mani del clan Murdoch. Il disastro, oltre che nei rapporti tesissimi della famiglia Murdoch, è nei numeri: il tabloid-gate è costato al gruppo 160 milioni di dollari. E infatti in famiglia, quando la bomba è esplosa, sono volati gli stracci. Lo Squalo che voleva lasciare il ruolo di amministratore delegato a Chasey Carey, per affidargli il compito di «allevare» il figlio James e farne il grande capo, non solo ha dovuto rivedere i suoi piani ma ha dovuto vedersela con l’imbufalita figlia Elisabeth, che chiedeva la testa del fratello e della «figlia adottiva» Rebekah Brooks, ex direttrice del tabloid, entrambi accusati di aver «fottuto l’azienda».

Dopo una notte insonne, il papà-boss non l’ha accontentata.
Giorni neri per il «Re Sole», come lo definisce Andrew Neil, per quasi dieci anni direttore del Sunday Times. Il magnate che considera i suoi uomini, direttori o grandi manager, «solo cortigiani alla corte del re», l’uomo che «può sempre intervenire, in questioni grandi o piccole» dei suoi giornali e «che ti costringe a svegliarti la mattina e a domandarti per prima cosa come starà oggi il re», be’ quello stesso uomo, l’editore più potente del mondo, aveva letteralmente le mani fra i capelli quando ha incontrato i familiari di Milly Dowler, la ragazzina rapita e uccisa, il cui telefono è stato intercettato dal tabloid News of the World. «Era umiliato - ha raccontato il suo avvocato - e ha ammesso in famiglia che quello è stato il giorno peggiore della sua vita».

Mani nei capelli, frustrazione, bufera in famiglia e tra una settimana, il 10 novembre, il rischio di un’altra tegola sulla testa del figlio James che comparirà per la seconda volta davanti alla Camera dei Comuni. È la parabola di un boss che fino a qualche mese fa, attraverso il suo giornale, aveva sotto controllo i telefoni di migliaia di persone, pagava la polizia per insabbiare le sue mosse illegali e teneva in pugno i politici di mezzo mondo.

E che oggi costringe chi incontra i giornalisti a staccare il cellulare, non a spegnerlo, ma a staccarne la batteria. «Perché, sai, c’è un sistema che permette di ascoltare le conversazioni anche se non c’è una chiamata in corso...».

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