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Del muro di Berlino è rimasto in piedi solo il pilastro Buffon

Non sarà più il mitico muro di Berlino, alzato nel mondiale del 2006 e reso di cemento dalle performance epiche di Buffon e Cannavaro (appena 2 i gol subiti, il primo su autorete di Zaccardo con gli Stati Uniti, il secondo su rigore da Zidane nella finalissima) ma non può essere diventato improvvisamente, e per effetto del naturale logorio del calcio moderno, un disarmante gruviera. Buffon (nella foto) è una delle poche certezze dell’Italia targata 2010: non per niente è uno dei rari fuoriclasse rimasti in attività, al servizio del gagliardetto tricolore. Davanti a lui, appena suonerà l’inno di Mameli, torneranno Cannavaro e Zambrotta, non proprio come ai vecchi tempi, d’accordo, ma più affidabili di giovanotti alle prime armi: juventino e milanista sono reduci da una stagione piena di bassi più che di alti e perciò anche lungo la preparazione hanno denunciato limiti vistosi, ritardi nella condizione, discutibile smalto ma guai a considerarli bolliti, finiti.
Giorgio Chiellini è il puntello che può reggere l’intera impalcatura, se assistito da discreta salute. Si è fermato nei primi giorni del Sestriere, a Ginevra ha mostrato di essere sulla strada del completo recupero: è indispensabile per reggere l’onda d’urto. Sia col Messico che con la Svizzera, troppo fragile è apparsa la trincea. Bisognerà averlo lucido (per gli interventi al limite) e responsabile al fine di cementare il reparto che può contare su qualche giovanotto (Criscito a sinistra e lo stesso Bonucci) da lanciare nella mischia senza complessi. Con Buffon e la sua ciurma, tra le certezze si possono elencare altri due-tre nomi. De Rossi, Marchisio e Di Natale sono tipi tosti e dal rendimento garantito.

Prendete Totò, il napoletano di Udine: ha realizzato un record di gol, 29, non con Mourinho.

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